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(...) vecchia (e stanca) bio contadina part time,
considero il blog una finestra come le altre che ho in casa e,
per chi guarda da fuori, una stanza al pari di un'altra.
bella o brutta che sia,
mi soddisfa e tanto mi basta.

giovedì 23 giugno 2011

donne sole

(...)


per tutta una serie di motivi contingenti e non a periodi arrivano folate di scoramento generalizzato proprio tra chi è facile a entusiasmi.


come se alcuni momenti del giorno ogni tanto inghiottano senza pietà anche quello che facciamo, chi al lavoro retribuito, chi in quello domestico chi, come me, il lavoro non ce l'ha e ogni minuto potrebbe dirsi un baratro in cui inciampare senza riemergere.


eppure sembra colpire meno di frequente chi non ha da rispondere a nessuno di quel che fa.


allora sono gli altri che ci siamo portate vicino a suscitare pensieri tristi? insicurezza? sfiducia in se stesse?

ovviamente io la risposta me la sono data ed è affermativa. sono la dimostrazione vivente che è possibile non farsi condizionare dalla famiglia o dal prossimo, basta non averci a che fare.


quando decido che invece è il caso di provarci lo faccio sapendo in partenza che da quel giorno avrò mille problemi che se fossi rimasta sola non avrei avuto.


quei dubbi, quel senso di inadeguatezza, quell'insicurezza, quello scontento, quel pensare A.

quel pensare PER. scuotendo interiormente il capo, dando un calcio a una cosa qualsiasi che sta per terra, senza mai guardare in alto. tutto il giorno a pensare che si è sbagliato tutto.

che non c'è soluzione.


sembra quasi che a volte perdiamo tutto noi stesse o lo diamo via senza tenerne neanche un po' come si fa quando fai il pane in casa, che prima lo impasti e poi ne metti un po' via per impastare la volta successiva (questo lo so perché i lieviti mi fanno male e allora a usare la madre è meglio).


la solitudine più profonda l'ho sempre patita stando in due o in tre, o in mezzo a tanta gente, insomma mai da sola.

stando sola lo so in partenza che potrei sentirmi abbandonata e invece no.

mai successo.

quando non mi sopporto più esco o entro il relazione con qualcuno. e lì poi mi pento.

è li che poi mi sento davvero sola.


ma non è di questo che volevo dire.

quello che intendo è che ciascuna è se stessa sempre. sia che stia dietro a un pc per pura evasione, sia quando lavora, sia quando è con gli altri. soprattutto è se stessa quando deve decidere se può accontentare, nel senso di soddisfare, le richieste degli altri o se invece le stanno chiedendo qualcosa che non è capace di fare o che non sente conforme, insomma le risulta conflittuale.


in questo modo, lo so che le storie durano poco.

lo so che i matrimoni non si reggono con questa filosofia. non ho la ricetta per salvare una relazione in crisi.

ma posso solo dire con relativa certezza che la dilatazione del tempo che si impiega per fare le cose è una terapia, una forma di disciplina.

applicazione nel fare soprattutto quello che è utile e non dannoso al nostro prossimo.


è una sorta di affetto materno verso gli altri, anche chi non conosciamo, anche verso noi stesse.


suona teorico questo discorso, ma spero sia utile in particolare a una amica che so che mi legge e che le sa anche lei queste cose, ma pensa che sia un disastro immane o una forma di debolezza o peggio qualcosa per cui qualcuno (probabilmente lei stessa) la ritiene indegna e inadeguata.


il corpo condiziona la mente e viceversa. il disagio psicologico crea malattia fisica e insieme fanno ammalare il sistema che è intorno a noi.


Lo sai, vero che non ho soluzioni e qualsiasi problema devo industriarmi a risolverlo senza poter contare sui mezzi economici?

beh, un po' è servito farne senza.

più di un po' in effetti.

ecco perché, per me, è certo che la soluzione non sta nel rivoluzionare le cose, ma nei piccoli cambiamenti e scoperte che facendo attenzione si trovano in come facciamo le cose più che in cosa facciamo.


voglio dire che se l'intenzione è sincera non può esserci conflitto e dissonanza.

e se c'è è tutta uffa, roba che passa in fretta. il tempo e il vento faranno arrivare le nostre buone intenzioni a chi ne ha più bisogno. a me sostiene tanto questa idea molto astratta del vivere lasciando o lanciando buone intenzioni nel tempo e altrove.


è una mia ricetta soggettiva che vale tanto quanto quella di ciascuna perché ognuna si deve trovare la sua e qui faccio più di un passo indietro perché è così che vorrei lasciare aperto il discorso, senza altro da aggiungere.


anche i commenti saranno graditi, ma solo per questa volta (c'è stato solo un precedente) non riceveranno ulteriori "delucidazioni", mi fermo qui. non potrei aggiungere niente a questo argomento.



6 commenti:

  1. quando ero sulle rive del lago di Tovel o a Sauris (che è davvero in culo al mondo, ma nel senso più positivo che questa connotazione può avere) ho pensato "ecco, lasciatemi qui. datemi una casetta di due stanze con bagno e cucina, e lasciatemi stare da sola per i cazzi miei", perchè ciò che dici è vero: ci si sente molto più soli in compagnia che quando si è fisicamente soli con sè stessi. l'altra faccia del problema è la stupida ragione che talvolta do alla solitudine: la vedo come una reazione del prossimo a qualche mia mancanza, e allora penso che devo dimostrare che io quella mancanza lì non ce l'ho e che posso avere ciò che credo abbiano "tutti", salvo poi scoprire molte altre solitudini come le mie le quali mi danno non solo consolazione, ma forza. sì, perchè è proprio vero che quando mi riconosco in quelle solitudini mi sento meno sola, forse perchè so che quelle persone possono capirmi nel profondo, mentre non ci riusciranno mai i "tutti" che arrivano a sera soddisfatti (o convinti di esserlo, che tanto è la stessa cosa: nella vita conta solo come te la racconti). insomma, va sempre a finire che ho l'impressione che non starei bene nè di qua nè di là, allora cerco di azzerare le mie aspettative, di darmi altre spiegazioni (sì, me la racconto in maniera diversa), ma è solo una maniera differente di soffrire, più pacata e meno rabbiosa.

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  2. considero la solitudine una forma di forza interiore, in parte anche per tutti i significati che lo star soli ha assunto (a cominciare dai 40 giorni nel deserto CIT.)
    la solitudine governa la nostra vita, è quindi ragionevole imparare a conoscerla e a non temerla, forse anche non creandosi aspettative. Ma poi alla fine star bene con se stessi è la migliore delle soddisfazioni. E' passare il tempo con una persona che stimiamo davvero :)

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  3. ...Ho capito che la solitudine si rivela più forte quando si tenta di contrastarla ma si indebolisce quando viene ignorata.
    Paulo Coelho - "La strega di Portobello"

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  4. ...se la cerchi,sarà una splendida amante...se ti sposa una pessima moglie...la solitudine! comunque condivido tutti i commenti che ho letto...ciao teti giò

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  5. molto lucido, quasi traslucido. Talmente chiaro che mi ci guardo dentro e vi ritrovo il riflesso di tanti problemi lasciati lì a metà, di tanti risolti, di tanti ignorati.

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  6. sicuramente la vicinanza di una persona ci aiuta...ma può anche influenzare in negativo il nostro umore se ci martella come pensieri deprimenti...questo, aimè, l'ho sperimentato sulla mia pelle!

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