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(...) vecchia (e stanca) bio contadina part time,
considero il blog una finestra come le altre che ho in casa e,
per chi guarda da fuori, una stanza al pari di un'altra.
bella o brutta che sia,
mi soddisfa e tanto mi basta.

venerdì 17 febbraio 2012

"Sì, cosa? Ah ma di quale parla? Della sua o della nostra?"

Acquistato sempre per via che quella libreria di cui dicevo continua a esporne in gran quantità sotto i portici, Voci mi è arrivato in mano con prepotenza, lunedì scorso circa alle 15,15 mentre ancora mi rigiravo in tasca i cuoricini che mi ha regalato Melina Riccio in una lunga chiacchierata sotto il sole a De Ferrari e in testa i Canneti di Tanizaki, di cui chissà quando troverò modo di dire perchè di quel dolcissimo racconto ho pudore e gelosia.

Comunque in qualche modo i due stili e i due mondi così diversi si son messi paralleli come binari, da una parte due sorelle e le vicende legate a rispetto e cerimoniali e da questa due fratelli che si ritrovano in un mondo in cui l'uno torna dopo esserne stato scacciato dal padre mentre l'altro vi ha sempre abitato e che alla fine risulta estraneo a entrambi.

Ci è voluto un certo sforzo per far tornare l'impressione che suscita leggere Sulayman Fayyad, con quella che si tratti, invece che di un autore di altri meridiani e/o paralleli, di un egiziano.
Le voci che offre al lettore hanno sì l'eco profondo delle sue radici, ma il modo in cui le articola le fanno apparire estranee, lontane, impietose.
Ciascuna ha i suoi colori e i suoi timbri, ma ognuna ha un retrogusto amaro, sia che si tratti dell'accento parigino di Simone sia che si parli di quello del villaggio di al_Darawish.
Sia quando se ne descrive l'atmosfera e il suo stridere con gli usi dell'ospite e sia quando alla fine viene messa in atto la vendetta con l'alibi dell'osservanza alle tradizioni.

Mi aspettavo un linguaggio assolutorio o quanto meno capace di rendere comprensibili i misteri dell'"Africa nera" e invece l'ho trovato sferzante, crudo, distaccato come rassegnato all'idea dell'impossibilità di un ponte capace di unire le sponde, come se i due mondi fossero destinati a guardarsi senza comprendere esattamente l'uno le ragioni dell'altro.
Una lettura inaspettatamente asciutta per me che amo poco leggere "arabo" per via che lo trovo "prolisso" e poco ateo (o molto religioso che dir si voglia).

Poi ho letto che invece c'è tutto un filone di scrittori d'avanguardia che si staccano da questa tendenza e allora, indagherò.

"Sì... cosa? Ah... ma di quale morte parla? Della sua o della nostra?" 
(pagg. 118, l'ultima)



16 commenti:

  1. Ecco , indaga e facci sapere ! Io non ne so proprio nulla !

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    1. beh, intanto credo che il Manifesto stia pubblicizzando le opere di un autore che fa parte del nuovo movimento "rivoluzionario" egiziano, e mi sembra offra il pdf del libro sul suo sito a 4 euro.
      mi sa che ci dovremo sì ispirare dato che da qualche parte si dovrà pur cominciare prima o poi questa battaglia contro i poteri.
      sto pensando alla grecia, vorrei dire qualcosa anche su quella tragedia frutto dell'ingordigia umana! ma sto ancora elaborando.

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  2. ho letto un solo autore egiziano (perdono, ora non ricordo il suo nome, nè il titolo del libro), uno considerato dei più importanti e il cui stile rientra nella definizione che dai, però non ne conservo un particolare ricordo. forse dovrei provare a rileggerlo, che magari ad anni di distanza mi fa un altro effetto.

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    1. anche tu come me frequenti poco. mah! ho un file di poesie di donne arabe e forse ho preso un paio di libri dai ragazzi che li offrono per strada, e forse qualcosa sul microcredito, ma a parte quest'ultimo argomento, il resto mi ha preso poco.
      da una parte per via che ho pregiudizi verso lal magia nera, dall'altra che preferisco il clima orientaleggiante, dall'altra ancora che per descrivere una roba ci mettono una vita.
      anche le storie degli indiani d'america e quelle degli esquimesi mi fanno lo stesso effetto.
      che io sia razzista?

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  3. no, credo sia solo una questione di diversa sensibilità.

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    1. meno male! perchè a me sembra di odiare tutti indistintamente;)

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  4. ahahah anche a me Melina ha regalato dei cuoricini co tanto ammmmore

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  5. PIER???
    è arrivato la notifica ma non vedo il commento:)

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    1. la notifica??? azzarola che organizzata

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    2. intentevo la mail, perchè a te non arriva la mail con i commenti che ricevi?

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  6. guarda sotto spam: a me delle volte mette in spam anche dei commenti che non lo sono.

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    1. bravissima!
      era lì:)
      ne sai una più del diavolo!!
      grazie!

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  7. Amo la scrittura africana. E sì hai ragione non sempre riescono a separarsi dalla loro 'religiosità', aspetto che dal punto di vista di una laica non è ben accetto. Però son riuscita a a distinguerli. E alcuni, i più 'contemporanei', distaccati, sono l'espressione di una civiltà lontana, da conoscere. Perché qui, gli ignoranti siamo noi e dovremmo esser noi a fare il passo nella loro direzione. Mentre emigrano, operiamone una anche noi: un'emigrazione culturale. Ne sono affascinata. Ibrahim Aslan, Bahaa Taher, Khamissi, un po' meno Mahfouz… spero di averli scritti bene. /

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    1. grazie, preso nota.
      ora no, ma prometto di approfondire:)
      condivido il discorso della fuga mentale (che tu chiami emigrazione:), anche perchè se ci dobbiamo accontentare di quel che c'è qui, aiuto!!!
      troppo zitti e troppo pochi i nostri intellettuali "attivi" e "vispi".
      ma poi alla fine parlare di distinzioni che senso ha?
      siamo tutti sulla stessa barca a tappare meglio che possiamo i buchi e le falle che la stanno sfasciando, altro che fare gli schizzinosi!
      intanto però sto pensando alla grecia. fulgido esempio o prototipo di come si può distruggere una cultura e un paese in meno di un anno, vedremo. brbrbrbr

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