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(...) vecchia (e stanca) bio contadina part time,
considero il blog una finestra come le altre che ho in casa e,
per chi guarda da fuori, una stanza al pari di un'altra.
bella o brutta che sia,
mi soddisfa e tanto mi basta.

venerdì 8 giugno 2012

Disamistade

si dice cade o cala il silenzio oppure si dice si alza o urla il silenzio?

Ho deciso:
le darò una coltellata
nel ventre
e mi ci infilerò
di nuovo.
Un rocchetto di filo
e un ago
e dal di dentro
ricucirò.
Non s’azzardi la levatrice,
perché
questa volta
mordo.
Mi riabituerò
a stare rannicchiato.
Il giorno del parto,
che chiamino un becchino.
Per la barba,
ci penserò.
Ora
ho fretta.
Scusi,
dov’è un arrotino?


Io il matto è una poesia da Il sogno e l'avventura di Riccardo Mannerini 

"Riccardo Mannerini era un altro mio grande amico. Era quasi cieco perche' quando navigava su una nave dei Costa una caldaia gli era esplosa in faccia.
E' morto suicida, molti anni dopo, senza mai ricevere alcun indennizzo. Ha avuto brutte storie con la giustizia perche' era un autentico libertario, e cosi' quando qualche ricercato bussava alla sua porta lui lo nascondeva in casa sua. E magari gli curava le ferite e gli estraeva i proiettili che aveva in corpo. Abbiamo scritto insieme il Cantico dei Drogati, che per me, che ero totalmente dipendente dall'alcool, ebbe un valore liberatorio, catartico. Pero' il testo non mi spaventava, anzi, ne ero compiaciuto. E' una reazione frequente tra i drogati quella di compiacersi del fatto di drogarsi. Io mi compiacevo di bere, anche perche' grazie all'alcool la fantasia viaggiava sbrigliatissima."

Fabrizio de Andre', da "Come un'anomalia"



le pietre nelle poesie di  
Vito Elio Petrucci e altre genovesità


I longhi silensi
No t'æ ciù ninte da dîme,
l'é arrivòu a stagion di longhi silensi.
No â rompî,
o l'é un bansigo tra mi e ti,
tra vëi e doman. Ti me daiæ 'na man
à trovâ inte sto zeugo a demöa,
comme i figgeu
che zeugan tutto o giorno con 'na prìa
e a-a neutte se l'asseunnan.


I lunghi silenzi
Non hai più niente da dirmi,
è arrivata la stagione dei lunghi silenzi.
Non la rompere,
è un'altalena tra me e te,
tra ieri e domani. Mi darai una mano
a trovare in questo gioco il divertimento,
come i bambini
che giocano tutto il giorno con una pietra
e di notte poi la sognano.


Sensa respio
Se ti me veddi parla' con unn-a pria,
e prie de chi e conoscio
unn-a per unn-a,
no dime ninte: a l'e 'na meschinetta
che drento a gh'ha tutte e facce
do mondo ma a no l'ha mai
Incontrou
o scopello de l'ommo
ch'o ghe dagghe o respio.
De votte me contan de storie
che chi e savesse scrive
saieiva grande poeta.
Cosci' so che a fin de tutto
a vegnia' a neutte appreuvo
a l'urtimo seunno de l'urtima pria.

Senza respiro
Se mi vedi parlare con una pietra,
le pietre di qui le conosco
una ad una,
non dirmi nulla: e' una poveretta
che dentro ha tutte le facce
del mondo ma non ha mai
Incontrato
lo scalpello dell'uomo
che le dia il respiro.
A volte mi raccontano storie
che chi sapesse scriverle
sarebbe grande poeta.
Cosl so che alla fine di tutto
verra' la notte dopo
l'ultimo sogno dell'ultima pietra.


NB nessun riferimento a fatti o persone, sono appunti e assemblaggi che (a me) sanno di mare e di una disamistade a cui assisto e reagisco oppure no, difficile dire.
significato intraducibile a parole come saudate, che lo senti rotolare in bocca ma se vuoi spiegarlo viene fuori un'altra cosa.

Aforisma poetico 
Se ti parli zeneise
no dîme mai chi t'ê:
abbràssime.
Se no ti o l'ê,
perdónn-ime.


Se parli genovese
non dirmi mai chi sei:
abbracciami.
Se non lo sei,
perdonami.


Priette
Ûn fìggieu o l'ha accuggéito in riva a-o mâ
prïette colorae,
veddretti rotti,
legni, bruxae da-a sâ,
pe fâ, o dîva lë, unn-a çittae.

Ma o l'éa un angiëto
e allöa o l'ha faeto Zena.

E case, co-e prïette gianche e neigre;
creuze e montae, co-i tocchettin de mön;
e, co-i veddretti, i barcoin che o sö
o bruxa, in primma séia, in sciä collinn-a.



Pietruzze
Un bambino ha raccolto in riva al mare
pietruzze colorate,
pezzetti di vetro
pezzi di legno arsi dal sale,
per fare - diceva lui - una città.

Ma era un angioletto
e così ha fatto Genova.

Le case, con le pietruzze bianche e nere;
le viuzze e le salite coi pozzetti di mattone;
e coi pezzi di vetro le finestre che il sole
brucia, di prima sera, sulla collina.



2 commenti:

  1. ha un suono 'magnifico' questa lingua.. musica pura! ;)

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    1. ciao! ho cercato se trovavo delle letture di queste poesie, ma a prima vista non ne ho viste. a leggerlo (il genovese) fatico un po' perchè parlato (ovviamente) è diverso.
      come un po' tutti i dialetti, poi siccome lo ha cantato faber allora ci sembra quasi lo conoscessimo e fosse chissà che.
      stasera provo quella tua ricetta che ho letto di sfuggita ieri, poi passerò a dirti com'è venuta:)

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