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(...) vecchia (e stanca) bio contadina part time,
considero il blog una finestra come le altre che ho in casa e,
per chi guarda da fuori, una stanza al pari di un'altra.
bella o brutta che sia,
mi soddisfa e tanto mi basta.

giovedì 18 aprile 2013

faccia da sberle (classe 1965)

come quella che immagini abbia Tsiolkas mentre lo leggi.
leggermente indisponente questo australiano, critico e insofferente, per certi aspetti superficiale e il libro rispecchia le stesse caratteristiche, ma non è del tutto da scartare.
può piacere a chi ama il romanzo e poco o niente i saggi e le letture troppo impegnate, a chi è molto annoiato o è costretto a letto da qualche impedimento e ha poca voglia di spaccarsi la testa, e soprattutto a chi odia il prossimo.

Lo schiaffo è una buona sceneggiatura e infatti ne hanno fatto una serie televisiva, ma è scritto in un modo che incontra poco le mie preferenze e allora mentre scorro le oltre cinquecento pagine organizzo una serie di pensieri e riflessioni generali.
credo che il passatempo più adatto ai misantropi sia proprio la lettura.
le altre forme di arte in qualche modo obbligano a frequentare luoghi affollati, a entrare in contatto con il prossimo, la lettura no.
al più sei tu, lo scrittore, la sua fantasia e i suoi personaggi, dunque 'fisicamente' solo.
poi c'è questa mania di pragmatismo che mi fa dire che prima di giudicare bisogna informarsi e documentarsi, ma si potrebbe mai leggere tutto?


e allora chi mi vieta di farmi un'idea del mondo australiano attraverso un unico libro, se non io stessa?
le tracce o gli indizi di una cultura traspaiono dalle piccole cose ed è a quelle che mi son dedicata mentre leggevo.
a metà libro ero certa che l'autore fosse omosessuale, e lo è, e che gli australiani siano un concetto astratto o di geografia politica.
il miscuglio di etnie e le loro radici intricate fanno fiorire gli stessi luoghi comuni a cui siamo abituati, dunque il peggio di ognuna.
l'uniformità di regole sociali e perbenismo rendono possibile rapporti e unioni in cui ciascuno è solo e sradicato perché incapace di applicare la propria cultura anche all'interno della famiglia d'origine condizionata dall'appartenenza a un ordine sociale che sa di fritto misto e macedonia.
la vicenda scorre in un succedersi di escamotage salvifici di non si sa bene quale valore, anzi fa intendere che l'unico inseguito sia quello borghese, ipocrita e bugiardo (per certi aspetti mi ha ricordato il periodo delle contestazioni giovanili, Kerouac e Ginsberg per la brutalità e lo spirito di contestazione alla vuotezza dei tempi) che il giovane Tsiolkas pare suggerire/denunciare/esprimere.
uno schiaffo dato a un bambino esasperante da un adulto durante un affollato barbecue fa da filo conduttore per descrivere l'onda d'urto che produce in chi ha assistito.
i dubbi, le condanne, le difese, le prese di posizione, gli schieramenti, le rotture, le vicende personali di ognuno, le scelte sessuali, le droghe, ecc. ecc.
forse si poteva prendere un qualsiasi altro pretesto per raccontare le stesse vicende, ma bisogna riconoscere che la scelta dello schiaffo è ottima a tendere tra libro e lettore un filo solido e tenace.
pochi sono infatti coloro i quali siano privi del ricordo di uno schiaffo dato o ricevuto, fosse anche metaforico o morale.

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