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(...) vecchia (e stanca) bio contadina part time,
considero il blog una finestra come le altre che ho in casa e,
per chi guarda da fuori, una stanza al pari di un'altra.
bella o brutta che sia,
mi soddisfa e tanto mi basta.

lunedì 20 maggio 2013

fuochi fatui

se un giorno vorrò porre fine alla mia vita, sono certa che sceglierò la forma più rapida e indolore.

di recente si hanno (sempre più spesso) notizie di persone che si danno fuoco e di altre che ricorrono all'acido per vendicare l'onta dell'abbandono.
entrambi le 'pratiche' arrivano, per così dire, dall'oriente.
bonzi tibetani che si sacrificano per denunciare il regime che li soffoca, donne indiane sfregiate a migliaia.
realtà radicate e molto frequenti che in qualche modo sono collegate a una cultura arcaica, che evito di commentare adesso, e comunque distante da quella che attiene alle nostre usanze e tradizioni eppure, in qualche modo, sono arrivate anche qui.
l'acido è qualcosa che simboleggia disprezzo e sadismo all'ennesima potenza.
non ti ammazzo: ti uccido per tutta la vita, ogni giorno.
quando cercherai lavoro e non lo troverai perché sei impresentabile, quando ti innamorerai e nessuno vorrà avvicinarti a te, quando nell'accarezzare tuo figlio si scanserà con paura dal tuo abbraccio.
ogni volta che guarderai te stessa allo specchio e proverai vergogna, ribrezzo, rifiuto.
quando ti sveglierai da un sogno in cui ti vedevi com'eri e poi ti accorgi che niente assomiglia.
quando ridere sarà come strapparsi la pelle dal viso e piangere riprovare il dolore di quel sentirsi bruciare dentro fino al midollo.
chiunque sa quanto brucia il fuoco, come è possibile scegliere di morire arsi vivi?
a cosa bisogna esser stati capaci di arrivare o meglio, cosa e chi è stato capace di portare una persona a credere che quella modalità sia l'unica praticabile?
quanto è stato smarrito del sè?
quanto dolore si è sopportato per arrivare a pensare che il rogo sia una liberazione?
forse il pensare che davanti a un gesto così eclatante, chi deve capire capirà e niente sarà più così ingiusto da perpetuarsi e creare altre vittime?
invece no. più sei emarginato e marginale, meno conti. anzi nemmeno fai notizia.
l'altro giorno in città ho visto intorno a me, persone che si lanciano dalle finestre, si buttano dai ponti, si appendono a un ramo, si dissanguano sul marciapiede, vanno a sbattere contro un palo o bevono un caffè al cianuro tra il fumo della benzina come quello di vecchi copertoni.
uomini e donne come rifiuti organici da smaltire in una discarica abusiva, ignorata per vigliaccheria, e nascosta nell'indifferenza.
ovviamente di chi si è proposto e viene pure pagato per intervenire e invece concorre al decadimento anche culturale che porta poi, ecc ecc.



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4 commenti:

  1. Quanto è triste questo nostra epoca , intrisa nel materialismo , nella corsa frenata al potere all'aperenza ci calpestiamo uno con gli altri.

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    1. come dico spesso, sono gli anziani come me che ogni tanto possono pensarla come dici tu.
      ma confido che chi è più giovane trovi il bandolo (anche se, faccio fatica a crederci)

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  2. uccidere/rsi con il fuoco ha una valenza simbolica di purificazione, basti pensare al medioevo con i roghi di streghe ed eretici, penso sia una pratica compresente in molte culture.
    Ci vorrebbe uno psico-sociologo per capire quanto ci sia di emulazione e di disperazione nel scegliere questa forma di suicidio.
    Personalmente se dovessi decidere opterei per un caffè al cianuro, anche se pare dia problemi di acidità ...

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    1. per conto mio, di quella valenza, qui è oggi, c'è poco niente.
      'espiazione' è il termine che mi frulla nella testa... la fine di un processo di negazione, svilimento e svalutazione del sè, che forse trova una sua dignità solo nel dolore estremo. qualcosa di molto vicino al masochismo e quindi al 'piacere' del dolore, ma sto solo ipotizzando.
      al rogo ci finirò pure io, ma preferirei dopo morta, sempre che mio figlio non inverta la sequenza:(

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