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(...) vecchia (e stanca) bio contadina part time,
considero il blog una finestra come le altre che ho in casa e,
per chi guarda da fuori, una stanza al pari di un'altra.
bella o brutta che sia,
mi soddisfa e tanto mi basta.

sabato 6 luglio 2013

annichilita

an-ni-chi-lì-re (io an-ni-chi-lì-sco)
SIGN Annullare; abbattere
dal latino: composto di [ad] a e [nihil] nulla.
L'annichilire non ha niente della violenza della distruzione, né dell'infierire dell'umiliazione, né avviene con il gesto fulminante dell'abbattimento; in effetti non è però nemmeno pacifico come l'annullare, né etereo e sospeso come il nientificare.
È un'azione disumanamente neutrale, gigantesca, un evento che in volto non ha alcuna espressione - stretta di un pugno al cui interno qualcosa scompare dall'esistenza; è difficile individuare qualcosa che il minuscolo essere umano possa annichilire: un insetto, forse - ma non la zanzara uccisa con vendicativa soddisfazione, né la mosca spiaccicata per il profondo fastidio del suo irrequieto ronzare. Piuttosto la formica, bruciata con la lente di ingrandimento dal bambino in un torrido e indolente pomeriggio di luglio: non c'è sentimento, accade solo che qualcosa venga annichilito.
Ma non solo: dopo lunghi anni di lavoro su se stessi si può giungere, forse, ad annichilire delle tensioni e dei sentimenti negativi che ci impastoiavano; si possono annichilire sapientemente e col sorriso i germi del litigio; si potrà classicamente temere l'annichilamento della morte.
In fisica l'annichilamento è la totale conversione della massa di due antiparticelle subatomiche in energia: come a dire che in realtà l'annichilamento puro, il puro scomparire di qualcosa non esiste, ed è solo un modo di chiamare una faccia del tutto che si trasforma senza niente creare né distruggere - e quindi attenzione, perché parlar di annichilamento della morte può voler dire tanto di più di quel che pare.

(fonte)

In un incontro tra dilettanti, l'arbitro ha espulso un giocatore che ha protestato rifilando un calcio al direttore di gara, che ha estratto un coltello ferendolo mortalmente.
Gli spettatori hanno reagito con un'invasione di campo e hanno raggiunto l’arbitro legandolo, lapidandolo, squartandolo, decapitandolo ed esponendo il capo su un palo. 


(fonte)

si può morire, e si muore, per tante ragioni. malattia, fede politica, guerre, passione sportiva, incidente, fatalità, come quella che, la scorsa settimana, ha tradito un'artista del cirque du soleil, o il caso di tito, solo dodici anni, promessa dell'arrampicata, che è spirato dopo tre giorni di coma per una caduta dalla parete, ma ci sono esempi in cui si aggiunge altro.
è il caso degli stupri egiziani come fosse lo stesso di festeggiare con un mortaretto, per parlare dell'ultimo evento di violenza collettiva perpetuato ai danni dei più deboli, ma ogni giorno ci sono notizie della deriva mentale che pare cogliere sempre più persone portandole a infierire mortalmente sul prossimo.
basta un pretesto, sempre più effimero, per passare, attraverso la tortura, dalle parole all'omicidio, come se la sola uccisione fosse poca cosa e incapace di sfogare altri bassi istinti come sadismo, crudeltà, deviazione e perversione morale anche dopo la morte con l'esposizione o l'abbandono del cadavere nella spazzatura come fosse mai stato niente.
alcuni fatti si svolgono nel privato delle mura domestiche o in un vicolo, altri in mezzo alla folla, ma come se non ci fosse. come se chi è presente fosse colto da una sorta di trance, semplice spettatore come al cinema.
ma poi, quando si torna a casa come si resta?
è una piaga sociale che sta dilagando e nessuno ha pronto un vaccino anche perché a chi interessa porsi il problema?

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