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(...) vecchia (e stanca) bio contadina part time,
considero il blog una finestra come le altre che ho in casa e,
per chi guarda da fuori, una stanza al pari di un'altra.
bella o brutta che sia,
mi soddisfa e tanto mi basta.

mercoledì 28 agosto 2013

cecità relativa

Bussano. So già chi è prima che entri. Ha picchiato con la punta ferrata della mazza, è Tiresia, il fotografo cieco. Tiresia, faccio per dire: è il battesimo che gli ho imposto io per nobilitarlo. A onor del vero, si chiama Bartolomeo, familiarmente Bar; più familiarmente, per quanto mi concerne, Tir. Coi relativi melensi giochi di parola quando, massiccio com'è, travolge un mobile o fa cascare una pila di libri, a emulazione dell'omonimo dinosauro con rimorchio. 
Pete Eckert
Cesare è il ragazzo-guida, in prestito dal Convitto del Divino Zelo, un orfano diciassettenne che lo porta in giro, gli sistema gli attrezzi, gli descrive le facce, i paesaggi, le inquadrature possibili, gli specifica la qualità delle ombre, delle luci. Poiché qui sta il paradosso: a cinquant'anni e passa Tiresia, cieco da sette (un glaucoma), già ritrattista famoso di modelle e "nudista" di "Playboy", s'incaponisce ancora nel suo mestiere. Con risultati, bisogna dire, abbastanza sorprendenti. Sicché è un viavai, da lui, di dame in carriera, quelle che, esauste di adorarsi allo specchio, ambiscono meno labili effigi da regalare all'amante.

È diventata una moda, così per le star emergenti come per le casalinghe di classe, venire a posare davanti alle sue pupille cucite, alla sua mano che spara istantanee come colpi di pistola. Talvolta, per rassicurare le più ritrose, Tir chiama Matilde ad assisterlo. Matilde è sua sorella, una giovane che abita presso di lui, in un bicamere del terzo piano. Una ragazza dalle gambe luminose, dai ricci corti e rossi, dagli occhi sgranati e voraci, quasi smaniosi di aggiungere al proprio bottino di bersagli visibili la razione indebitamente rapita al fratello. Non bellissima, tutto sommato, ma abbellita da misteriosi silenzi. 

Tommy Edison
"Io, la mia Nikon vede per me. È lei i miei occhi, le mie mani, il mio..." Esita, sa che il turpiloquio mi annoia. Ma riprende subito con un raddoppio d'enfasi: "Io ad ogni flash che scatto mi riprendo un attimo di sole perduto. Sottraggo un oggetto o un evento al suo destino di perdizione e mentre soggiaccio al tempo gli strappo una preda. Sanziono un decesso, ma lo pietrifico in un simulacro immortale..."
Brian Negus
i corsivi sono tratti da: Tommaso e il fotografo cieco di Gesualdo Bufalino, le foto sono di artisti ciechi, tranne l'ultimo, ipovedente, come alcuni dei partecipanti al progetto (realizzato con il foro stenopeico) da cui ho tratto l'immagine conclusiva.
(cliccando sulle didascalie si va ai siti dei fotografi)

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