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(...) vecchia (e stanca) bio contadina part time,
considero il blog una finestra come le altre che ho in casa e,
per chi guarda da fuori, una stanza al pari di un'altra.
bella o brutta che sia,
mi soddisfa e tanto mi basta.

mercoledì 26 novembre 2014

quando mi dicono devi uscire di più...

Chilometro zero
all'andata grande confusione di rumori elettronici e vocii fino alla stazione di milano piena zeppa di gente con l'immancabile valigia su rotelle sempre davanti o fra i piedi di chi segue.
mi aspettavo di trovare irriconoscibili i luoghi e le cose dopo dieci anni ma quando sono emersa dalla metropolitana a sant'ambrogio mi sentivo come una marziana sbarcata su giove o su urano.
sapevo dove volevo andare anche senza ricordare i nomi delle strade e la linea del bus che invece, a quel punto in quella piazza così diversa da quella che avevo conosciuto, mi sarebbero serviti a chiedere a un passante.
di solito preferisco fermare le donne.
ne ho scelte tre a cui ho chiesto un generico "dov'è la fermata del bus?"
tranne un'occhiata come fossi appunto un'aliena appena sbarcata, nessuna risposta o un vago "non so".
a quel punto sbuca la 58 da una via.
ne seguo il percorso con lo sguardo e ne ripercorro la via.
in pochi minuti sono a destinazione.
l'unico negozio che pensavo di trovare diverso è l'unico ancora uguale ad allora, invece del supermercato un brico, un laboratorio di analisi mediche dov'era un garage, nessuna traccia del bar dove mi sedevo per l'aperitivo e niente nebbia.
il palazzo di via costanza invece è sempre uguale a se stesso.
la mia memoria inconscia ricorda anche a che punto della pulsantiera pigiare il bottone del piano.
nient'altro da segnalare per la giornata.
L'appuntamento
il mattino successivo ho un appuntamento in un centro che so di trovare affollatissimo, centinaia di persone che entrano ed escono dalle stanze e dai laboratori, io che sto seduta a fare le mie parole crociate anche quando sento avvicinarsi e accomodarsi a fianco qualcuno.
qualcosa distoglie la mia attenzione e mi fa rivolgere un commento ad alta voce verso lo sconosciuto alla mia destra che nel frattempo avevo avvertito spiare tra le lettere della mia occupazione.
in realtà è una lei.
nei successivi quaranta minuti, più volte interrotti dalle chiamate dell'una o dell'altra dalle attività per cui entrambi ci siamo recate in via venezian quel giorno, scopriamo di aver svolto più o meno la stessa professione, di avere la liguria come dato comune, di essere lei coetanea della mia sorella defunta e io coetanea della sua, anche lei dipartita, di detestare le stesse cose, pensarla uguale in fatto di politica, cucina, abbigliamento, elettronica, famiglia, economia, ambiente, ecologia, governo, clima, disastri ambientali e loro rimedi e su ogni argomento ci siamo sforzate di trovare nel cercare qualcosa su cui riuscire a 'scambiare' un parere.
l'unico dato difforme a quanto mi era noto, quello che in città la nebbia sia ormai un fenomeno raro, praticamente scomparso e, ovviamente, considerare milano senza nebbia una anomalia ci era comune.
finite le incombenze un toast e un caffè d'orzo in tazza grande al volo e quattro passi fino a piola.
quella parte di milano la conoscevo solo sulla fida piantina ormai lacera e scolorita su cui ho tracciato per anni percorsi e cerchiato destinazioni, quindi nessun confronto col passato, solo la constatazione che sia una zona poco interessante e freddina.
Chilometro trecento
tre fermate di metro e la fortuna di un treno in partenza al binario.
al sottofondo chiassoso in qualche modo mi ero abituata e mentre già ero immersa nelle caselle enigmatiche arriva un gruppo guidato da una bambina sui dieci anni che un giovane sui trentacinque ha subito preso a male parole mentre un bimbetto di circa otto anni premeva tra lui e una donna sulla quarantina.
il rimbrotto è stato così violento che ho alzato gli occhi sul viso della ragazzina, che ha preso provvisoriamente posto davanti a me, mentre il resto della comitiva occupava i sedili davanti.
senza piangere, ma trattenendo a stento le lacrime se ne stava quieta aspettando che passasse la buriana.
in pochi minuti nelle mani dei quattro compaiono: un ipod alternato a un iphone per la donna, un tablet al ragazzino, un portatile all'uomo e un paio di cuffie collegate a non so cosa alle orecchie della streghetta.
curiosa di indagare sulle dinamiche di gruppo scopro che il ragazzino è figlio del giovane uomo che è zio della bambina, forse per via paterna perché la donna è rumena e lui certamente no.
in qualche modo cercano di rimediare alla scenata con cui hanno fatto ingresso sul treno mostrandosi solerti e gentili verso di loro e in particolare verso la ragazzina, scambiandosi i diversi apparati, consigli di utilizzo e aiuto per connessioni e quant'altro potesse servire a rassicurarmi che il violento alterco fosse solo conseguenza di semplice astinenza informatica.
un po' di nervosismo torna quando la donna si lamenta che l'uomo ancora non ha risposto alla mail di poco prima e lui ribatte dicendo di aspettare a parlare che era occupato a inviarle delle foto che stentavano a partire e "chissà quando ti arrivano".
sono certa di essere rimasta in silenzio, ma in qualche modo devono aver colto il mio pensiero, tanto che l'uomo ha girato il  portatile verso la donna "dai intanto le vedi dal mio", mentre lei, sdegnata e imperterrita continua a spippolare tra telefono e ipod.
i restanti tre si scambiano apparati e il pc finisce alla ragazzina che dopo poco viene di nuovo ripresa dall'uomo che la rimprovera di stare ignorando la sua conversazione con il ragazzino per fare chissà cose e le toglie le cuffie "fammi sentire cosa senti".
a quel punto parte la video registrazione di quanto stava accadendo e lei scoppia a ridere.
in pratica stava guardando in streaming quanto 'non' stava accadendo tra loro.
a principe apparecchi, cavi e cuffie prendono posto negli zaini.
si scende a brignole, destinazione: nervi.
per me invece un giro in libreria per ammazzare le due ore che mancano alla partenza della diligenza ed è già buio quando svolta nella nebbia intorno a casa.

6 commenti:

  1. meno male che eri a Milano con il trolley .. a Venezia ti avrebbero multato

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    1. veramente io li odio i trolley, anzi, odio chi li trasporta...
      della storia di venezia avevo visto... son strani pure loro.
      far passare i transatlantici in piazza san marco e poi multano i trolley.

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  2. Se senti parlare i veneziani (non tutti eh) si lamentano per i tanti troppi turisti che girano per la città perché dicono che non portano "soldi". Lo dicessero a quelli che affittano gli appartamenti a nero. E poi dico, questi turisti mangeranno pur da qualche parte no?! Non credo che si portino la scorta mangereccia da casa. Pagheranno il biglietto per visitare chiese mostre e musei, fermo restando che chi arriva in macchina paga salato anche il parcheggio. Per i trolley hanno ragione, fanno rumore, ma per quello c'è una ordinanza che obbliga chiunque ne avesse uno, a sollevarlo quando transita sui ponti. Mi domando però come faranno con tutti quelli che trasportano merci ai vari negozi e che fanno avanti e indietro e su e giù per calli e ponti. Boh.
    Comunque Teti, complimenti per il tuo spirito di osservazione in quel di Milano.
    Buona giornata da una sempre più affranta Paola. :(

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  3. http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11/29/hammerfest-2014-neonazi-tutto-mondo-per-seguire-concerto-milanese/1240684/

    Alla Milano da bere!

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