Che a causa di uno screzio famigliare il giovane rampollo dodicenne del barone Arminio Piovasco di Rondò avrebbe passato l'intera esistenza passeggiando sugli alberi, senza mai toccare nè terra nè mare, conducendo una vita del tutto simile a quella di un qualunque essere umano?
La luna si levò tardi e risplendeva sopra ai rami, nei nidi dormivano le cince, rannicchiate come lui. Nella notte, all'aperto, il silenzio del parco attraversavano cento fruscii e rumori lontani, e trascorreva il vento. A tratti giungeva un remoto mugghio: il mare.
Il fratello di Cosimo tendeva l'orecchio a questo frastagliato respiro e cercava di immaginarlo del tutto affidato a se stesso, con solo la notte intorno a sè; unico oggetto amico cui tenersi abbracciato un tronco d'albero dalla scorza ruvida, percorso da minute gallerie senza fine in cui dormivano le larve. Indovinava la sua ombra rannicchiata in un incavo dell'elce, tra ramo e tronco, avvolta nella coperta legata a più giri con la corda per non cadere.
Non per passione o stravaganza, quanto per tener fede alla promessa fatta per ripicca che finisce col fargli prendere gusto per quella condizione che nel tempo fu considerata normale anche dai compaesani e che lo portò dopo anni e anni di avventure e incontri e anche di impegno nei confronti degli accadimenti e delle vicende locali a considerare che l'unico aspetto trascurato fosse stato quello di trovare moglie o avventure amorose.
Ottimo Massimo, un bassotto sperduto per compagno di caccia e appunto il fratello i più fedeli compagni di vita, con il resto della gente, compreso i famigliari, una vicinanza e una presenza sempre sfuggente, spesso avvertita, mai colta appieno, celata dalle fronde e dalle ombre dei suoi veloci passaggi da una cima all'altra su e giù per il paese e fino a dove l'estendersi della foresta gli permetteva di arrivare.
Gian dei Brughi, un brigante letterato che finì impiccato per via che la passione per i libri lo rammollì e sbagliò l'ultimo colpo, gli valse da pretesto per riprendere gli studi e imparare le tecniche di potatura che gli furono utili a procurarsi di che vivere rendendolo del tutto indipendente e capace di non gravare sui genitori sempre più rassegnati alla stravaganza del figlio e al tempo stesso gli consentirono di adattare la forma e lo sviluppo degli alberi alle future esigenze, alle ridotte abilità di arrampicata a cui lo avrebbe certamente condotto l'avanzare degli anni.
Alla morte del padre assunse le redini del baronato, ma il tormento per non riuscire a scorgere in nessuna delle fanciulle che poteva osservare dall'alto, quella giusta perché in tutte c'era qualcosa che lui cercava e che non era interamente in nessuna, lo indusse a partire e raggiungere Olivabassa di cui aveva sentito dire che fosse un paese dove, come lui, gli abitanti vivessero appunto sugli alberi.
E' veramente difficile parlare dell'immenso Calvino e di come i suoi racconti trasportino anche i più visionari oltre ogni confine e al tempo stesso al centro delle sensazioni più indecifrabili che lui riesce a rendere concrete portando il lettore a esclamare divertito e stravagante stupore.
Ogni periodo diventa aforisma in cui racchiude l'incipit del romanzo e il suo svolgimento rendendo chiarissima la sua visione totalmente astratta, riuscendo a coinvolgere nel gesto del dipingerla più che nell'estasiata ammirazione dell'opera incorniciata alla parete.
Medardo e le sue due metà, quella che gli fa dire all'amata Pamela: Ogni incontro di due esseri al mondo è uno sbranarsi. Vieni con me, io ho la conoscenza di questo male e sarai più sicura che con chiunque altro; perché io faccio del male come tutti lo fanno; ma, a differenza degli altri, io ho la mano sicura. E quell'altra che per ammansirla gli dice: Questo è il bene di esser dimezzato: il capire d'ogni persona e cosa al mondo la pena che ognuno e ognuna ha per la propria incompletezza. Io ero intero e non capivo, e mi muovevo sordo e incomunicabile tra i dolori e le ferite seminati dovunque, là dove meno da intero uno osa credere. Non io solo, Pamela, sono un essere spaccato e divelto, ma pure tu e tutti. Ecco ora io ho una fraternità che prima da intero, non conoscevo: quella con tutte le mutilazioni e le mancanze del mondo.
Difficile sì raccontare l'immenso Calvino, ha ragione Suor Teodora, alias Bradamante, quando narra del cavaliere inesistente e scrive: per raccontare come vorrei, bisognerebbe che questa pagina bianca diventasse irta di rupi rossicce, si sfaldasse in una sabbietta spessa, ciottolosa, e vi crescesse un'ispida vegetazione di ginepri. In mezzo, dove serpeggia un malsegnato sentiero, farei passare Agilulfo, eretto in sella, a lancia in resta. Ma oltre che contrada rupestre questa pagina dovrebb'essere nello stesso tempo cupola del cielo appiattita qua sopra, tanto bassa che in mezzo ci sia posto soltanto per un volo gracchiante di corvi. Con la penna dovrei riuscire a incidere il foglio, ma con leggerezza, perchè il prato dovrebbe figurare percorso dallo strisciare d'una biscia invisibile nell'erba, e la brughiera attraversata da una lepre che ora esce al chiaro, si ferma, annusa intorno nei corti mustacchi, è già scomparsa.
la pagina ha il suo bene solo quando la volti
e c'è la vita dietro che spinge
e scompiglia tutti i fogli del libro.
hai fatto un gran bel post, anche se è meglio che non mi concentri troppo su tutte quelle ragnatele... a una come me che ha ha fobia dei ragni ti puoi immaginare che effetto fanno!
RispondiEliminaGUCHI
RispondiEliminale foto degli alberi sono del pakistan, è successo che dopo l'alluvione dello scorso anno i ragni hanno trovato rifugio sugli alberi e la densità era tale che hanno prodotto questo risultato.
ma qui i ragni non ci sono:) però le ragnatele sì perchè gira talmente poca gente sul web che, insomma, lo vedi anche tu:)
sto preparando una seconda e ultima puntata su Calvino, sceglierò altre immagini anche se quella di apertura permarrà appunto a significare la stasi che stiamo vivendo e so colpire un po' tutti, anche te.
come dicevo lo prendo come un buon segno, che le persone abbiano di meglio da fare e che non ce lo raccontino per evitarci l'invidia e i cattivi sentimenti che potrebbero sopravvenire:)
concluderei che in rete sono rimasti solo quelli con le ragnatele nel cervello (escluso i presenti) ^__^
RispondiEliminaGUCHI
RispondiEliminaargomento affascinante le ragnatele, suggestivo e metaforico, ma nel mio caso vuole davvero solo esprimere che non passando nessuno e lasciando aperta la porta i ragni lascino il segno del loro passaggio:)
poi, sai come sono, spesso faccio associazioni che io stessa capisco dopo giorni e a volte mi dimentico anche di averle fatte figuriamoci il motivo!