no, non è la pizza che è diventata patrimonio immateriale dell'unesco, ma il pizzaiolo napoletano, cioè l'arte di confezionarla.
(rosicheranno gli chef, che di norma giudicano l'addetto al forno più o meno allo stesso livello del lavapiatti).
ora manca solo la candidatura per il riconoscimento a patrimonio universale immateriale alla buona massaia e il nobel per la letteratura a fabio volo e siamo al completo.
la nota polemica si spiega da sè, basta scendere al bar e assaggiare le pizzette stanche e stantie che aspettano nel bancone frigo... 'gliela scaldo?'... 'no me la butti, grazie!'.
insomma un riconoscimento postumo, arraffato quando ormai la categoria dei maestri pizzaioli si è estinta o a rappresentarla sono rimasti pochissimi esemplari sparsi nel mondo tanto che il primo premio (assegnato, ironia della sorte, proprio dai napoletani) parla giapponese.
mah ho sempre più l'impressione che, nell'incapacità di riconoscere il bello, serva la certificazione di qualcuno. Per cui siamo al paradosso in cui se un 'sito' è patrimonio Unesco lo vado a visitare, diversamente lascio perdere anche se la qualità del lasciato è paragonabile se non migliore...
RispondiEliminamah! quando pensavamo di averle dette tutte sull'unesco ci stufa ancora... però che pizza... mai che ci stupisca con un guizzo... sembra il vaticano che fa santi e beati purché paghino.
Eliminaa me risultava che i migliori pizzaioli qui in italia ora fossero di origine egiziana. Dei giapponesi l scopro da te
RispondiEliminamassimolegnani
ah, lo vedi?
Eliminasi sono estinti...
Questi riconoscimenti comportano un lungo percorcorso relazionale, sono contenta per la città di Napoli.
RispondiEliminainfatti (con gran pazienza e tenacia) sto celebrando i patrimoni nazionali è che stringi stringi alla fine viene da chiedersi quale vantaggi porti (oltre a quello che finisce nelle tasche dei 'negoziatori')
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