momentaneamente: la "civile" retorica della guerra e della pace

venerdì 27 aprile 2012

la "civile" retorica della guerra e della pace

Se la mediazione sulla Siria fallirà, la Francia e i suoi partner si muoveranno per una ''risoluzione in base al capitolo 7'' della Carta Onu, che prevede anche l'intervento militare, in caso di minaccia alla pace".

il mio cervello è ormai ristretto alla dimensione di una capocchia di spillo, anche se io continuo a vederci sopra un mondo in cui riparami a pensare.

4 commenti:

premio petrolio27 aprile 2012 alle ore 20:57
io, personalmente, questo concetto non lo capirò mai.. la diplomazia fallisce, s'intervenga. Motivo: minaccia della pace. Si va indossando abiti colorati e recando in mano mazzolin di fiori? :(
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Pier28 aprile 2012 alle ore 10:29
Mi chiedo ...ma l'occidente perchè deve preoccuparsi della Pace in Siria?
Voglio dire mettiamo che i miei vicini (iPucci) stiano litigando alla bruttaEva. Mica gli suono per dirgli: Basta voi due, per virtù di un trattato di pace che ho firmato solo io e LaGatta dichiaro che dovete smettere di litigare altrimenti mando i vigili!!!
Ovvio che questi mi sbattono la porta in faccia.
Diversa faccenda è invece se iPucci litigando danno fuoco alla casa, e magari mi danneggiano in qualche losco interesse economico ...
Ecco perchè, con l'uso di questa PICCOLA metafora che sta sulla capocchia di uno spillo, penso che ci sia sempre del torbido quando i paesi excolonialisti, si impicciano in guerre altrui.
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silenziosamente

La società contemporanea teme il silenzio, sente la necessità di coprirlo, annullarlo, negarlo creando città rumorose, luoghi di ritrovo frastornanti, momenti di solitudine anch’essi fitti di suoni (il cellulare che squilla, la musica dell’iPod nelle orecchie...).

Forse perché spesso silenzio diventa sinonimo di solitudine, isolamento, vertigine di vuoto. Eppure una lunga tradizione, che affonda le sue radici in un tempo lontano, dice che è ricchezza e non mancanza, pienezza anziché vuoto, gioia piuttosto che tristezza, nascita invece di morte.

Oppure accidia (ovvero: indolenza, inerzia, negligenza, tedio, ansietà del cuore) una forma di torpore o, secondo la traduzione della parola greca da cui origina, uno stato di noncuranza (a=non e kedos=cura), una mancanza di affezione, un senso opprimente di vacuità accompagnato da una strana noia irrequieta e insoddisfatta che prende di mira in particolar modo le persone solitarie e le assale specialmente nelle ore del mezzogiorno… continua a leggere

Henry Miller su Anais Nin

Sei così pronta, così intelligente.
Ma non mi fido della tua intelligenza.
Tu crei uno schema meraviglioso, tutto è al suo posto, e sembra chiaro in un modo assolutamente convincente, troppo chiaro.
E intanto, dove sei tu?
Non sulla chiara superficie delle tue idee, no, tu ti sei già tuffata più a fondo, in regioni più oscure, così uno pensa che tu gli abbia dato tutti i tuoi pensieri, ma lo immagina soltanto che tu ti sia svuotata in quella chiarezza.
Invece ci sono strati e strati - sei senza fondo, insondabile.
La tua chiarezza è ingannevole.
Sei la pensatrice che suscita in me più dubbi, più confusione, più turbamento.

epicuro

La carne non ammette limiti nel piacere, e il tempo che serve a procurarle tale piacere è anch'esso senza limiti. Ma il pensiero che ha appreso a ragionare intorno al fine e al limite di ciò ch'è pertinente alla carne, e che ha soppresso il timore dell'eternità, ci rende possibile una vita perfetta, per cui non sentiamo più l'esigenza di un tempo infinito: esso non rifugge dal piacere ne, quando le circostanze ci portano al momento di uscire dalla vita, può dire di andarsene avendo tralasciato qualcosa di ciò che rende questa ottima.