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(...) vecchia (e stanca) bio contadina part time,
considero il blog una finestra come le altre che ho in casa e,
per chi guarda da fuori, una stanza al pari di un'altra.
bella o brutta che sia,
mi soddisfa e tanto mi basta.

domenica 16 febbraio 2014

Accabadora

è il titolo del libro che le valse il Campiello di qualche anno fa e il modo in cui veniva chiamata colei che metteva fine alle sofferenze dei malati incurabili...

"Percorre i secoli per raggiungerci, una delle innumerevoli ed affascinanti figure della Sardegna arcaica: l'Accabadora. Questo termine, di origine castigliana, alla lettera ha il significato di porre fine, far terminare. Proprio questa era la funzione della Accabadora, cioè di porre fine alla vita di un ammalato grave, per il quale si pensava non ci sarebbe stata guarigione. Forse una forma ante litteram di eutanasia, sicuramente una pratica dettata dalla necessità in una società agropastorale nella quale, chi, come un malato terminale, procurava ai familiari chiamati ad assisterlo profondi disagi, impedendo loro di potersi dedicare al lavoro, quindi alla sopravvivenza. Tutto sembra librarsi tra religiosità e superstizione nello svolgersi di un rito crudo e violento ma inteso e imperniato nelle società sarda dei secoli scorsi.
Intorno a questa figura a manifestarsi, da sempre, controversi atteggiamenti di rispetto e disprezzo, per una donna alla quale si attribuivano anche poteri magici.
Ella interveniva, su richiesta dei familiari del moribondo, quando questi pativa lunghe e gravi sofferenze, dopo il tramonto del sole o alla notte. Alta e segaligna portava indosso una veste nera, il viso era semicoperto, con lei l'attrezzo del mestiere Su mazzolu, un martello intagliato nel legno di ulivastro che, avvolto in un panno di orbace, utilizzava per colpire la vittima sulla fronte, o alla nuca, o al torace. Forse questa la pratica più diffusa, ma non l'unica, considerate quella del soffocamento e quella mediante l'apposizione di un giogo da buoi.
Il rito, freddo ed articolato, prevedeva anche la recita di preghiere, ninne nanne o formule, con il fine di separare l'anima del moribondo dal suo corpo, e quindi liberarla".

Fonte

oggi Michela Murgia compete per la carica di presidente della Regione e probabilmente perderà la sfida, nonostante il basso profilo etico degli altri candidati e l'assenza della lista (M5S) che primeggiò, in Sardegna, con il 29,68% alle scorse politiche.

alle urne poco meno di un milione e mezzo di sardi, ma si prevede che a votare saranno la metà.
le ragioni di questa ampia astensione sono note e comprensibili tuttavia, se io fossi sarda darei il mio voto alla Sardegna possibile della Murgia.
e lo farei con convinzione invece che come ripiego o reazione per la folta presenza di indagati e cattivi soggetti delle due liste principali.
forse sarà impossibile mettere rimedio alle problematiche dell'isola più sfortunata e abbandonata del Paese Italia, ma, quanto meno, a parlare sarà una persona di carattere, colta, lungimirante, fortemente motivata e coinvolta.
qualsiasi scelta di altro tipo riporterà sicuramente alla mente quell'antico rituale dell'accabadora senza il senso di pietà che lo pervadeva, ma solo per la ferocia con cui fu poi raccontato.

3 commenti:

  1. Accabadora è un bellissimo libro.
    Ma ancora non ho capito che c'entri la Murgia con la politica sarda.

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    1. intendi dire "due braccia tolte alla letteratura"?
      io preferisco pensare che lo abbia fatto per senso civico e che riesca magari a entrare in giunta, anche se la partita era persa in partenza.
      troppo facile 'comprare' i voti necessari a far vincere cappellacci.
      del resto a chi frega qualcosa della Sardegna?

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