l'invito alla fiducia nel futuro, o anche solo a un generico avvenire, ma anche fosse un semplice e inevitabile domani, inteso proprio come il giorno dopo ad oggi, diventa esercizio di tenace pazienza, sopportazione e contenimento di quel senso di nausea e voltastomaco che scatta automatico prima ancora che il cervello riceva ed elabori l'informazione, la notizia, la dichiarazione, il provvedimento.

quel poco che deve bastare a rendere i giorni degni di esser trascorsi è qualcosa che trovo fuori da quel mondo che ho intorno a me, in uno spazio che via via si restringe.
molto mi sfugge, perché altrimenti saprei trovare un barlume di speranza e fiducia.
eppure salvo i giorni, anche quelli che arriveranno, lasciando andare quel che fino a ieri era vitale perché connesso al fuori e faccio nuovo spazio per ciò che mi è singolarmente essenziale.
forse diventerò un'alchimista per trovare un elisir di lunga vita che mi dia modo di ricevere la visita di un mio simile, o più probabilmente costruirò un museo per i posteri capace di raccogliere quel poco che basta per rendere i ieri, gli oggi e i domani un flusso, invece di un attentato.
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