problemi ottici a parte, le cose, i fatti, le esperienze, ogni vicenda, può essere vista da dentro, da vicino, ma anche da lontano e a prescindere dalla distanza o dalla vicinanza, farsene un'idea 'realistica' diventa implausibile/impossibile.
più ci si addentra e maggiore è la probabilità che il cuore ci metta il becco mentre da più lontano è il cervello (poco o tanto che sia) a influenzare il giudizio.
la giusta distanza solitamente è quella che evita conseguenze tachicardiche, coinvolgimenti emozionali e/o pratici e/o intellettivi.
insomma ognuno ha il proprio metro con cui misurare la distanza da porre tra sé e l'evento disturbante, senza dimenticare che pure quelli lieti finiranno per diventare sgradevoli, quindi meglio sarebbe mantenere lo stesso distacco rispetto anche a quelli.
è innegabile che il dispendio empatico sia uno spreco sotto tutti i profili, com'è improbabile riuscire a vestire i panni della vittima di ogni sciagura e contemporaneamente gioire per il buon esito di una partita.
si sta facendo un gran parlare della strage di Orlando.
i politici al solito inutile modo, l'opinione pubblica bacchettata dai media per lo scarso interesse per altro prodotto da essi stessi.
osservo da lontano e riconosco francamente e candidamente che delle preferenze sessuali delle vittime di folli, di qualsiasi religione e credo, non nutro nessun interesse così come resto indifferente alla distinzione coatta che si tenta di dare alle tendenze omicide, anzi sono infastidita dalle etichette che vengono date e che a mio avviso svuotano, fino ad alleggerire, la portata del gesto assassino.
è un paradosso, ma sembra come se a seconda della matrice o del mandante il morto cambi condizione.
se è vittima di un attentatore è un eroe, se cade per mano della polizia era un delinquente a prescindere, se l'ammazza un conoscente doveva denunciarlo prima, se gli spara un cecchino se l'è andata a cercare e comunque nella scala d'importanza conta meno se sei povero, donna o bambino, migrante, con qualche problema e, infine, se sei gay (se poi insieme sei anche una o più delle altre cose, praticamente conti zero).
ora che la si veda da vicino o da lontano, a me sembra che faccia abbastanza schifo.
la graduatoria morale che attribuiamo ai morti è qualcosa di inevitabile, entrano in gioco l'empatia, la conoscenza dei fatti, la vicinanza materiale o spirituale dell'episodio, il nostro orientamento sessuale, religioso, politico, insomma, un gran casino e come dici tu un certo schifo.
RispondiEliminaquanto alla giusta distanza, credo sia quella che ti permetta di vedere contemporaneamente l'albero e il bosco, sempre che sia possibile.
massimolegnani
il dolore e il modo di manifestarlo è certamente soggettivo, eppure sembra che i media & Co ci tengano tanto a imporre un sentire comune e graduarlo a seconda dei casi e in funzione degli interessi dei loro padroni...
Eliminastavo proprio riflettendo su questo mentre preparavo distrattamente il post per domenica ... inevitabilmente condizionato dal ciarpame mediatico di questi giorni. ad un certo punto, mentre leggevo notizie che specificavano l'orientamento gay della strage..mi sono chiesto e se nella prossima i giornali scrivessero: strage in un ristorante etero? farebbe meno colpo, perchè è un po' come dire: sparatoria alla gabbia dei babbuini allo zoo ... molto più efficace che dire: sparatoria allo zoo.
RispondiEliminamah! con tutti i morti che abbiano ogni giorno l'ultima cosa di cui mi preoccuperei è l'orientamento sessuale delle vittime come del carnefice... ciò detto mi pare che scelta degli obiettivi dipenda più dalle psicosi degli assassini che da altro e questa mi ricorda la strage degli studenti in norvegia del lontano 2011 (sai quella il cui autore si è lamentato per le condizioni della detenzione equiparandola alla tortura per via dei pasti tiepidi), questa volta però c'è la rivendicazione, ma sembra come se all'isis decidessero cosa attribuirsi a posteriori, a seconda dei casi...
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