sto lunedì (anzi quello passato) dal primo pomeriggio nella tempesta di vento e di pioggia va via la luce e inizia la strana serata in cui si cucina al buio una pasta a memoria e intanto ci si scalda un po' mentre la colonnina scende fino ai 13° del mattino.
però che bellezza, che silenzio, che pace (e anche un po' 'che noia', ma poco).
black out durato giusto il tempo di far scongelare le provviste nel congelatore, con una coda, ancora da risolvere del tutto, del cellulare, ma nel complesso un intermezzo piacevole che fa tornare indietro (o andare avanti) nel tempo.
l'unica punta stonata e irritante è che il paese a ottocento metri sia illuminato e al caldo e io no.
ma, in fondo, anche l'immagine di trovarsi al limite, sul confine, a fare da ceppo segnalatore, spartiacque di qualcosa, fa pensare alla presenza nell'esistenza di momenti in cui, senza sapere perché sei dove sei, ti dici che sei lì proprio per segnare o assistere a quella piccola differenza tra l'essere (al buio) e l'avere (la corrente).
mi piace questo stare sul crinale tra disagio e senso d'avventura. Questi inconvenienti si affrontano meglio in campagna che in città. in campagna siamo più abituati agli imprevisti, candele, magnoni e legna per la stufa non mancano mai. in città si perdono già perchè non possono usare l'ascensore e l'unica sorgente alternativa di riscaldamento è una stufetta elettrica inutilizzabile.
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beh, insomma, così tanta felicità sui volti dei compaesani non si vedeva, ma condivido il senso del tuo commento... e comunque i magnoni ci sono davvero stati per via dello smaltimento scorte scongelate....
Eliminai "magnoni" non sono degli ospiti ingordi che ci assottiglierebbero le scorte, ma "maglioni" a strati che ci tengono al caldo
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