a prescindere dal livello di intensità emotiva di cui ciascuno è capace e con le differenti gradazioni di coinvolgimento a seconda dei fattori che attengono ai valori e alla sensibilità personale di ognuno, resta che ogni giorno è una pena.
mettere la testa sotto la merda (perché la sabbia l'abbiamo finita e sporcata da anni) è anche peggio della retorica del rammarico per gli eventi tragici di cui abbiamo quotidianamente notizia.
spesso ammorbati dal senso di colpa, sempre inutile, oltre che dannoso, sistemiamo gerarchicamente per importanza o raccapriccio il rosario di perline infausto che invade il retro pensiero della giornata.
un pensiero agli attivisti di greenpeace detenuti in attesa di giudizio in russia, ancor più motivato dal fatto che tra loro ci sia cristian d'alessandro, un italiano, un saluto fugace e discreto a chi ha scelto, senza alcun clamore, per la sua morte; la scia della compassione già in via di smaltimento per lampedusa, mentre già si affaccia il ricordo del vajont; le apprensioni di lunga data per le ingiustizie, le guerre, i patimenti globali e gli incidenti che sarebbe stato bene prevenire evitando di trasportare dei bambini su una benna tanto per far festa, in barba alle più elementari norme di sicurezza (che di morti sul lavoro siamo già afflitti a sufficienza).
questi, più o meno, gli ingredienti del nostro pane quotidiano di cui francamente eviterei di ringraziare un'entità suprema, giusto per evitare il torto a chi certamente, anche volendo, poco potrebbe fare per sollevarci. amen.