Comprato nella speranza di procedere con un pensiero avviato altrove sull'istinto assassino, che dire di Amélie Nothomb?
Una prima e unica lettura è poco per farsene un'idea, ma abbastanza per ricavarne un'impressione.
Intanto, merita una riflessione?
Anche due, soprattutto perché la segnalazione mi è venuta da una blogger che stimo molto quindi devo a Milena non tanto una recensione, quanto un commento dei miei soliti "a sproposito", anche perché dello stile letterario si può leggere altrove così come della trama.
13 agosto (1925) è la data che l'autrice sceglie per il delitto celato nel romanzo e che guarda caso è la stessa della sua nascita (nel 1967). Ecco, per me la chiave del testo è tutta in quella scelta.
Immagino l'autrice venticinquenne (25 quarda caso) all'inizio degli anni '90 in preda a più di un tormento per via dei tempi, dell'età, delle passioni, della furia che certamente l'ha animata fin dalla nascita e ne rappresenta le potenzialità che immagino troverò meglio espresse nei libri successivi a questo primo.
Poi la penso oggi a distanza di quasi vent'anni e sono certa (pur non potendo esserlo) che questo libro sia anche per lei l'embrione di un sentire ancora acerbo che con tutta l'enfasi e le nozioni di cui disponeva ha espresso al meglio ma che oggi a me, che di anni ne ho più o meno 55, fa sorridere proprio a causa dello svolgimento di un tema che alla sua età di allora non può che pescare nel vissuto inconscio o consapevole della relazione con l'altro, sia maschile e sia femminile ancora bagnato di adolescenza e delle sue turbe.
Più in là non va. Come potrebbe?
Sono rarissimi i casi in vita di ventenni nati anziani e provvisti di quella maturità che fa sentire ragazzina una cinquantenne. Una giovane e, a me pare viziata, ragazza sballottata tra esempi culturali di diverso genere come potrebbe essudare in modo autentico e verosimile esperienze di lettura delle ragioni occulte nella mente di un'assassino, per di più rimasto adolescente benchè ultra ottantenne?
E se anche pensassi di leggerlo con gli occhi che avrei avuto nel 1992, dunque a trentacinque anni, beh, ne sarei rimasta forse ancora più indifferente perché mi sarebbe mancata quella prospettiva e capacità di estrapolare una chiave di lettura adeguata ad assolvere Amélie e gli assassini igienici e non che racconta.
non la conosco, sorry.
RispondiEliminaGUCHI
RispondiEliminadivertente:) solo che mi aspettavo una cosa diversa.
Bel libro.
RispondiEliminaTra i suoi migliori, devo dire.
MIA_EURIDICE
RispondiEliminauhmmm, allora forse non lo compro il secondo:)
istinto assassino .. si ecco cos'era!
RispondiEliminama ti farà bene leggere ste cose? io inizio un pò a preoccuparmi... :))
PIER
RispondiEliminann mi fa niente leggere ste cose, infatti le scriverò appena mi chiarisco le idee.
non è questione di linguaggio è diverso, ma non so ancora come. anche se lo so.
La dimensione che propaga l'ucciso, quale fosse il ruolo delle vittime, quale simbologia l'assassino. Mi ci vien da pensare a questa questione delle tecnomistiche, e riguarda la trasformazione delle vittime in simulacri sentimentali. Mi chiedo e se la vittima, non fosse un giusto? La sua sofferenza sarebbe minore? Sarebbe più giustificabile? L'etica dell'assassino.Robe cosi mi vengono in mente. Anche gli anni di piombo mi vengono in mente dove l’assenza della figura del nemico e la conseguente negazione della cifra tragica nei sanguinosi eventi ecc. Ma la Nothomb nel 77 aveva solo dieci anni. Ma c'è la questione della narrativa, della finzione che si associa al reale.
RispondiEliminaPoi a me intriga del come una ci arrivi,(la Nothomb in questo caso, una femmina, in genere cosi escluse dal mondo del delitto, dalle sue dinamiche) del come lei si appassioni, del come l'assassinio ad un certo punto assorba i pensieri. Allora penso al lato oscuro suo, quello efferato e penso che abbia una funzione di igiene mentale. Con quel far riemergere dall'inconscio quella che puo essere definita un'insana passione. Voglio dire che ce l'abbiamo piu o meno tutti, che la gente che scrive di robe truci e violente poi, in genere è gente buonissima, però vanno a sviscerare questo loro lato oscuro, lo sublimano, ci godono. Provano un certo grado di piacere, come tutti. Guardiamo certi film per questo no? per un piacere torbido, per l'emozione funesta ma intensa. Bah, robe cosi mi vengono in mente. Certo che mi fa voglia di leggerlo però questo romanzo. Ciao
SIMURGH
RispondiEliminabeh, spunti a una mente fertile qual è la tua ne offre.
ho chiesto alla sorella dotta: "bravina, ma diciamocelo, sovravvalutata" mi ha detto consigliandomi di prenderli in biblioteca invece di comprarli (anche perchè sono raccontini brevi, non certo libri su cui stare giorni e giorni).
l'etica dell'assassino è quella che vorrei trovare (sempre intendendo l'area dei serial killer non patologici, quelli che lo siamo un po' tutti)
io ho nella testa che sia una parte infantile che alberga e sfrutta quella adulta a indurci in quei ruoli (sia di vittima e sia di carnefice).
una parte che in quanto genuina e autentica merita il mio più profondo rispetto su tutto il resto.
ma come parlarne?
devo pensarci sù! non posso fare altrimenti.