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(...) vecchia (e stanca) bio contadina part time,
considero il blog una finestra come le altre che ho in casa e,
per chi guarda da fuori, una stanza al pari di un'altra.
bella o brutta che sia,
mi soddisfa e tanto mi basta.

sabato 3 marzo 2012

le origini poetiche


"Amati defunti", come lo spiego?
Ci provo, ma neanche io so come.
Diciamo un albero genealogico della mente.


Da Ungaretti agli haiku il collegamento è plausibile anche se la strada per arrivarci è stata meno immediata, lunga una quarantina di anni anche perchè tra me e la poesia c'è enorme distanza.
Solo a tratti mi cattura, serve troppo sforzo di immedesimazione poichè raramente succede il contrario e allora mi sento portata via in un mondo diverso che mi è estraneo o che forse "leggevo" più facilmente in altre forme d'arte, poi nel pensiero zen e adesso riconosco nel niente.




mi piaceva l'idea della sintesi.
nella mia testa si accese per la prima volta il lampo che la poesia scaturisse a prescindere dalla persona che incarna il suo autore.
e mi stupivo che un personaggio capace di condensare in pochi versi concetti efficaci a risvegliare miriadi di sensazioni fosse un vecchietto con lo sguardo vagante per aria e la bocca che arrotolava parole e lettere appendendole alle esse e alle erre tanto da restarne io stessa sospesa incredula e curiosa di quale fosse la prossima parola.
mi stupiva e quasi scindevo quell'ometto dalle sue poesie, mi sembravano entità divise che nessuno avrebbe potuto vedere coincidenti.
sapeva parlare e scandiva e scialacquava l'alfabeto rendendo ogni termine significante di suo, come potesse vivere anche da solo, eppure una parola dopo l'altra il discorso scorreva seguendo la trama e le vicende dei personaggi di cui sapevo abbastanza ma che intuivo lui riuscisse a vedere un po' come e per quello che oggi riesco anch'io a immaginare.
la tv mandò in onda l'Odissea nel 1968, dunque avevo 11 anni, ma Ungaretti già lo conoscevo, forse a scuola la maestra, che ogni ricreazione mangiava pane e cioccolato nero, mi aveva fatto imparare le sue poesie, forse mi era capitato per caso di leggerne.
allora ricordo che la sua introduzione mi incantava e che ne capivo solo i nomi che mi riportavano alla storia, per il resto nebbia incantata.
lui leggeva, io ascoltavo e intanto pensavo e immaginavo un mondo di cose inafferrabili per me, benché in qualche modo lo sentissi come preesistente e quindi in parte noto.
anche questo una sorta di imprinting perché una volta capito che i concetti si possono dire anche con estrema sintesi ed ermetismo senza spogliarli di valore, lo abbandonai e andai a cercare altrove le piccole frasi per formare il gusto personale nella prosa e mi innamorai perdutamente di Franz (Kafka, ovviamente) e poi di Edgar (Allan Poe, ovviamente).
collego Ungaretti all'Odissea anche perché all'epoca mi innamorai di Ulisse interpretato da Bekim Fehmiu, anche lui andato, suicida un paio di anni fa.
Prima di Ungaretti un flirt per Quasimodo, Leopardi e soprattutto per Federico del Sagrado Corazón de Jesús García Lorca,
 ma passeggeri (tranne per l'ultimo che appartiene all'imprinting del filone politico_sociale).
E dei flirt defunti parlerò anche, più avanti.


Intanto tre poesie di Garcìa Lorca


L'ombra dell'anima mia

L'ombra dell'anima mia
fugge in un tramonto di alfabeti,
nebbia di libri
e di parole.

L'ombra dell'anima mia!

Sono giunto alla linea dove cessa
la nostalgia,
e la goccia di pianto si trasforma
in alabastro di spirito.

(L'ombra dell'anima mia!)

Il fiocco del dolore
finisce,
ma resta la ragione e la sostanza
del mio vecchio mezzogiorno di labbra,
del mio vecchio mezzogiorno
di sguardi.

Un torbido labirinto
di stelle affumicate
imprigiona le mie illusioni
quasi appassite.

L'ombra dell'anima mia!

E un'allucinazione
munge gli sguardi.
Vedo la parola amore
sgretolarsi.

Mio usignolo!
Usignolo!
Canti ancora?



Casida delle colombe oscure

Sui rami dell'alloro
camminano due colombe oscure.
L'una era il sole,
l'altra la luna.
"Casigliane mie," chiesi,
"dove sta la mia sepoltura?"
"Nella mia coda", disse il sole.
"Nella mia gola", disse la luna.
Ed io che andavo camminando
con la terra alla cintola
vidi due aquile di neve
e una ragazza nuda.
L'una era l'altra
e la ragazza era nessuna.
"Care aquile, " chiesi,
"dove sta la mia sepoltura?"
"Nella mia coda", disse il sole.
"Nella mia gola", disse la luna.
Sui rami dell'alloro
vidi due colombe nude.
L'una era l'altra
ed entrambe nessuna.




Le sei corde


La chitarra
fa piangere i sogni.
Il singhiozzo delle anime
perdute
sfugge dalla sua bocca
rotonda.
E come la tarantola,
tesse una grande stella
per sorprendere i sospiri
che tremano nella sua nera
cisterna di legno.


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