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(...) vecchia (e stanca) bio contadina part time,
considero il blog una finestra come le altre che ho in casa e,
per chi guarda da fuori, una stanza al pari di un'altra.
bella o brutta che sia,
mi soddisfa e tanto mi basta.

mercoledì 8 luglio 2020

la cucina concettuale

dopo tanto patire e tanti rimandi finalmente il cerchio si è chiuso.
pochi giorni di ricovero e addio protesi mammarie dopo ventisette anni dalla prima inserzione.
ce l'hanno messa tutta per uccidermi, ma sono salva a casa al fresco e immobile fino al primo controllo di venerdì.
quattro ore di intervento e un risveglio tanto agitato da necessitare di una perizia psichiatrica per la dimissione.
ora carta canta: esclusa necessità di intervento terapeutico, alla faccia quelli che mi dicono che sono matta.
che mi abbiano contenuto con forza lo attestano i lividi ma poco importa, l'obiettivo era superare gli annessi e connessi di un intervento improrogabile che l'attesa causa covid ha un po' complicato ma il cui esito pare volgersi del tutto positivamente.
ho retto allo sprofondo in cui ti fa cadere l'anestesia e sto riuscendo a uscirne.
sapevo di portare in sala un sacco pieno di zavorra, mi spiace essermi esibita in uno spettacolo poco edificante, ma insomma... non è che posso mettermi in croce o condannarmi per i comportamenti tenuti quando ero fuori di me.
ho fatto anche due foto e sembro reduce dall'esser caduta dalle scale da quanti lividi e segni ha la sciato un'ora di contenzione forzata.
poi hanno provato con l'eparina che francamente avrei evitato a una paziente già scoagulata di suo, ma mi ha salvato un rash fermato prima che morissi per autocombustione.
il ricovero ai tempi del post covid è complicato. il personale è stremato e stressato, i medici esasperati e distratti, i pazienti terrorizzati e trattati come potenziali attentatori della salute mondiale, ma tutti cercano di dare e fare del loro meglio nel via vai continuo di ingressi e dimissioni al ritmo da catena di montaggio e smontaggio incessante e accelerato dall'obbligo di recupero del pregresso che era stato rimandato.
in un reparto oncologico dove negli anni passati per fumare una sigaretta dovevi farti crescere l'elica di un elicottero capace di innalzarti nel cielo e riportanti sul posto senza esser né vista né sentita, oggi c'è addirittura l'infermiera che ti indica la collocazione del fumoir posto nell'area ristoro del quarto piano che da sul parcheggio e di cui ho potuto godere relativamente dati i capogiri del post dormia, ma che in compenso mi ha fatto incontrare il nuotatore brasiliano di trentanove anni con cui scambiare due battute come i miei anni fossero quasi quanti i suoi.
già a poche ore dal risveglio constatare di essere in grado di risolvere le parole crociate senza schema con la solita disinvoltura mi ha molto rincuorato, ma l'attività cognitiva più impegnativa è stata quella connessa alla comprensione della cucina concettuale con cui vengono preparati i pasti.
nel complesso migliori di quelli della volta scorsa, circa tre lustri fa, ma tutt'ora particolari.
intanto riconoscere le portate è facilitato dalla forma del piatto e dalla nota scritta che riassume le scelte che hai fatto il giorno prima sul menù. altro discorso  è accordare i sensi così da percepire la corrispondenza tra quanto atteso e quanto l'occhio vede nel piatto e il palato sente in bocca.
ma è una cima a cui non sono riuscita ad arrivare.
spesso la caccia al gusto o anche solo alla fraganza dell'ingrediente principale è andata persa e allora mi sono dedicata all'identificazione di quale componente fosse stato usato per dare ai cibi la consistenza e la totale assenza di gusto fatta salva la leggera sgradevolezza del tutto.
sulle verdure credo che aleggi una sorta di maggiorana secca e scaduta capace di restituire un retrogusto tra la muffa e un qualcosa di mai provato.
il tacchino al vino mi ha spergiurato di essere astemio, ma ha preso atto che il vino fosse citato.
il pollo al forno credo ci sia passato dentro quando era spento e le lasagne al pesto ho concluso che fossero il tentativo maldestro e fallito di far passare la passata di fagiolini bolliti e sconditi allungati in una salsa con tracce di farina e patate sfatte per la rinomata salsa ligure.
comunque evitando le inezie, basta pensare che qualcosa di alimentare si trovi e alla fine si sopravvive.
purtroppo ho preferito lasciare l'ospedale prima di pranzo e così mi è rimasta la curiosità di scoprire di cosa potesse sapere la crema di patate con pomodoro e basilico servita a scelta con o senza riso, ma stamattina mi sono svegliata lo stesso e domani sarà un altro giorno a prescindere.

3 commenti:

  1. Bentornata.
    Certo adattarsi al vitto ospedaliero è difficile. Ricordo che alcuni completavano con gli omogeneizzati, a quello che sento e leggo sono la nuova frontiera delle diete fai da te.

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