Seconda giornata al festival della letteratura del crimine, tra gli altri si è parlato di crimini ambientali e cronaca. L'incontro con l'autore de L'ultima fuga, Leonardo Coen è stato affascinante tanto quanto il protagonista, Vallanzasca, il bel Renè.
Raccapricciante ma seducente tanto da stordire le vittime dei suoi rapimenti nella più classica forma detta sindrome di Stoccolma. Coen lo ha conosciuto, intervistato e frequentato il bel Renè e la platea era incantata dal racconto di quel "professionista del crimine" orgoglioso e impenitente come lui stesso si è definito.
Lunedì 8 marzo 2010, ore 7.30, festa della donna. Che curioso incrocio del destino per il bel «René», il bandito che amava le donne e da loro era idolatrato. In una Milano sempre più meticcia e sempre meno vivibile, il sessantenne leggendario Renato Vallanzasca entra nel laboratorio di pelletteria Ecolab, in fondo a una strada periferica della zona Certosa. Braccato non più dalla polizia ma dai fotoreporter accorsi per immortalare la sua prima giornata di lavoro, l’ex capo della banda della Comasina maschera goffamente il suo imbarazzo. Sembra davvero un altro uomo, così diverso, così lontano dall’immagine spavalda e sanguinaria che le sue imprese hanno perpetuato, quando era pronto di lingua come di pistola. Un uomo in fuga dal suo passato. Intanto è già pronto il film Il fiore del male, girato a Milano e incentrato sulla sua vita. Ma da quando Vallanzasca scappò dall’oblò della cabina in cui era stato rinchiuso e la normalità dell’apprendista pellettiere che ventitré anni dopo impara a realizzare «borse cubo» in pvc da usare per fare la spesa, sono cambiate molto cose. Oggi Vallanzasca è un uomo consapevole del suo passato. Un uomo che forse ha capito che poteva essere un numero uno anche senza la pistola.
Leonardo Coen
Milanese, milanista ma non berlusconiano, è tra i fondatori de «la Repubblica». Dalla fine del 1975 ha alternato l’attività di giornalista politico, cronista, inviato di guerra, giornalista sportivo (ha raccontato quindici Olimpiadi, l’ultima, quella di Pechino). La sua carriera lo ha inoltre portato a Mosca, come corrispondente. Ha pubblicato La morte del maestro: i misteri di casa Guttuso (1987) e Il caso Marcinkus (1991) scritti con Leo Sisti; Piedi puliti (1998) insieme a Peter Gomez e Leo Sisti; Rossoneri comunque (2003) e Putingrad (2008).
Enzo Ciconte affronta una analisi dettagliata del materiale documentale allegato alla relazione di Nicola Calipari, ed in particolare degli esemplari manoscritti di “codici della ’ndrangheta” rinvenuti dagli investigatori australiani nelle abitazioni di uomini d’onore calabresi. Il raffronto anche con i codici ottocenteschi e con quelli conosciuti dopo la missione di Calipari consente di cogliere la sostanziale omogeneità non solo dei riti di affiliazione, ma degli stessi modelli organizzativi che regolano la vita dei “locali” di ’ndrangheta in ogni parte del mondo e l’importanza che tali codici assumono, anche ai nostri giorni, quale forte richiamo identitario.
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