è un bel po' che rimando di scrivere qualcosa da intitolare Simposio, ma prima volevo leggerlo, anche se per me il discorso è detto in due parole e poco ha a che fare con Platone o con Socrate.
conducendo una vita sociale pari a mezzo e ricorrendo in buona parte al blog per disporre con non senso i miei argomenti prima che cadano nell'oblio, mi piacerebbe si potesse mettere un tasto da cui fosse possibile far sgorgare dell'idromele o del buon vino, così che chi passasse potesse mescerne in modo da unirsi alla tenzone.
questo ai tempi arcaici in cui gli scambi erano frequenti, adesso quel pulsante sarebbe a mia totale disposizione sebbene ebbra lo sia di mio senza un gran bisogno di libagioni supplementari.
l'idea è quindi rimasta senza brevetto e se qualcuno volesse potrebbe farla sua, soprattutto se ha un blog molto frequentato e, come troppo spesso accade, assai commentato a quel modo che a me scatena l'orticaria: piacioso e buonista, per niente originale, tanto meno ispirato, nè ispiratore.
eppure l'occasione è ben formata. quale migliore pretesto per mostrarsi estrosi e per tentare nuove strade e modi di fare e di dire?
adesso e così come allora, ma in fondo han fatto lo stesso anche i surrealisti, abbandonarsi al vino e farsi portare, passando il tema da uno all'altro finchè si perda o si colleghi altrove.
Socrate porta a spasso gli altri convitati, facendosi a sua volta portare a spasso da Diotima di Mantinea, come a dire che dicendo quel che lei dice lui voglia dire quel che ha in animo di dire, ma come fosse lei ad averlo detto.
Stesso schema del libro. Platone dice, facendo dire soprattutto a Socrate, ma non solo, quel che serve a rendere la sua idea sia sugli altri che fa parlare e sia sul tema, eros o amore, anche e soprattutto grazie a stratagemmi filosofici tanto da farmi chiedere: "ma chi è che tiene banco? Socrate o Platone?"
mi piace pensare che sugli altri, proprio chi al Simposio era aliena, e cioè Diotima, sia quella che meglio è entrata in tema, mettendo al loro posto i lor signori e i loro fauni che il problema vero non sia nella definizione di etichette che sempre finiscono con il negare il loro significato quanto il riferirsi all'effetto che è prodotto dalla comparazione e relazione tra le parti. una sorta di fecondità propria degli individui capaci di formare altro da sè rispetto a quel sè a sè stante, quello sì sterile e infruttuoso.
come darle torto?
e soprattutto chi ha detto che questa comunione sia cosa frequente e facilmente reperibile?
"'L'opinare rettamente, senza aver modo di darne ragione, non sai, disse, che non è sapere? Perché, una cosa irrazionale, come mai potrebbe essere scienza? Ma neppure, d'altra parte, è ignoranza; perché, come potrebb'essere ignoranza ciò che coglie il vero? Quindi la retta opinione è una cosa di questo genere: un che di mezzo fra comprensione ed ignoranza".
(pag. 69)
mah ... io aspetto che arrivi Alcibiade, poi vediamo come gira.
RispondiEliminadai che l'idea di entrare a gamba tesa nei blog altrui con la scusa di bere vino, non è poi malaccio;)
Eliminase poi si arriva già ubriachi, meglio ancora:)
prosit!