stessa notte, in un'afosa città ligure dai tratti architettonici normanni, torna a farmi visita un ex (ma ex, ex), intorno al quale cadono come birilli amici e conoscenti vittime di omicidi misteriosi e spiegabili solo con l'appartenere alla sua cerchia che invece di diradarsi o darsi alla fuga si stringe sempre più intorno a lui come scudo e bersaglio.
strano perché il soggetto è un raro esemplare di egoismo e stronzaggine che approfitta della mischia per nascondersi e celare gli abietti motivi causa di numerosi decessi.
se nella piazza ci sono quaranta gradi puoi star certa che l'unico riparato nel solitario cono d'ombra e frescura sia lui, mentre i restanti boccheggiano la loro preoccupazione sudando e sbuffando nelle varie postazioni di controllo del bruto assassino.
finalmente l'eroina di turno scopre la sua identità e decide di andargli a parlare.
tutto ruota (ovviamente) su un'eredità traditrice, usurpata, acquisita illecitamente.
un palazzo, più arabo che normanno, semi sbriciolato dall'incuria umana più che da quella del tempo passato tra il suo splendore e l'attuale abbandono.
del tutto onirico e, quindi, irrazionale pensare che colpire gli affetti di un anaffettivo possa servire a indurlo a riconoscere la colpa della sottrazione di un bene al sedicente avente diritto; impraticabile la via di persuadere entrambi di aver ecceduto a prescindere.
grazie a un faticoso gioco di astuzie la piccolissima chiavetta che apre l'enorme portone del maniero è consegnata all'improvvisata mediatrice che ha il compito di duplicarla e consegnarne copia all'usurpatore quale segno di pace e unita all'impegno di sospendere le esecuzioni.
un iter assurdo che da svegli appare più un controsenso che altro, ma è andata così.
le ali di folla si aprono e dalla scalinata scende svelta la valorosa protagonista diretta a conferire con l'amato indifferente e svagato tra la sua corte.
il clima cambia di colpo.
dal successo sperato si passa al disastro totale.
ciambellani e cortigiane hanno ordito vendette spietate sul misterioso e, fino a quel momento, sconosciuto blasfemo che ha osato sfidare il loro guru spirituale (nel senso di etilico).
il vate compiaciuto e beffardo rivela di aver sempre saputo chi, come, quando, perché e come dei fatti trovandoli molto divertenti oltre che ideali per rendere meno monotone le sue giornate e che mai avrebbe contribuito a rendere possibile la loro interruzione.
quel rudere aveva per lui la sola funzione di tener viva la disperazione di un uomo per ottenerne piacere e adesso che qualcuno aveva 'scoperto i giochi' restava solo da godere della sua sofferenza fisica per le torture arrecategli dal suo barbaro codazzo.
in quell'unico momento finivano insieme: un amore, una carriera diplomatica e un sogno.
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