momentaneamente: andare o restare

lunedì 31 ottobre 2016

andare o restare

andare, poi, magari tornare, ma intanto andare.

credo che mi sarebbe stato difficile restare a ballare sui mattoni e le crepe chissà ancora per quanto...
gli esperti, che tali non sono, raccontano - a posteriori - il fenomeno rinominandolo ogni volta con astrusi inglesismi.
e chissà che a forza di studiarli, i terremoti, trovino qualcosa di più di un 'non si sa' infarcito di paroloni che stringi stringi dicono poco o niente di più di quello che tutti possono osservare con i loro occhi e a proprie spese.

intanto nessuno lo dice, anzi il nesso vulcani terremoti è considerato un'eresia, ma c'è che contemporaneamente alle scosse tra marche e umbria, ve ne sono state altre nei pressi del marsili (il vulcano più grande del vecchio continente)... sarebbe magari il caso di parlare dell'antropizzazione dei luoghi intorno ai numerosi vulcani, sommersi e non? perché io qualche rischio ce lo vedo...
metti che a forza di scrollare si arriva dalle parti dei campi flegrei o dei colli albani che è un attimo passare dal ballare al saltare per aria.
e tra i dubbi, le incertezze e le rassicurazioni, trivelliamo allegramente; che se poi si sveglia il drago la colpa è tutta e solo della natura...

4 commenti:

Pier1 novembre 2016 alle ore 08:22
interessante la ricetta di Piano in merito, con buona pace di tutti i pensionati che non avranno nulla da guardare, per il resto direi che solo sul materiale della tua diligenza hai abbastanza di che scriverci, pure se non avessimo le rogne nazionali da smaltire
RispondiElimina
Risposte

Aggiungi commento

silenziosamente

La società contemporanea teme il silenzio, sente la necessità di coprirlo, annullarlo, negarlo creando città rumorose, luoghi di ritrovo frastornanti, momenti di solitudine anch’essi fitti di suoni (il cellulare che squilla, la musica dell’iPod nelle orecchie...).

Forse perché spesso silenzio diventa sinonimo di solitudine, isolamento, vertigine di vuoto. Eppure una lunga tradizione, che affonda le sue radici in un tempo lontano, dice che è ricchezza e non mancanza, pienezza anziché vuoto, gioia piuttosto che tristezza, nascita invece di morte.

Oppure accidia (ovvero: indolenza, inerzia, negligenza, tedio, ansietà del cuore) una forma di torpore o, secondo la traduzione della parola greca da cui origina, uno stato di noncuranza (a=non e kedos=cura), una mancanza di affezione, un senso opprimente di vacuità accompagnato da una strana noia irrequieta e insoddisfatta che prende di mira in particolar modo le persone solitarie e le assale specialmente nelle ore del mezzogiorno… continua a leggere

Henry Miller su Anais Nin

Sei così pronta, così intelligente.
Ma non mi fido della tua intelligenza.
Tu crei uno schema meraviglioso, tutto è al suo posto, e sembra chiaro in un modo assolutamente convincente, troppo chiaro.
E intanto, dove sei tu?
Non sulla chiara superficie delle tue idee, no, tu ti sei già tuffata più a fondo, in regioni più oscure, così uno pensa che tu gli abbia dato tutti i tuoi pensieri, ma lo immagina soltanto che tu ti sia svuotata in quella chiarezza.
Invece ci sono strati e strati - sei senza fondo, insondabile.
La tua chiarezza è ingannevole.
Sei la pensatrice che suscita in me più dubbi, più confusione, più turbamento.

epicuro

La carne non ammette limiti nel piacere, e il tempo che serve a procurarle tale piacere è anch'esso senza limiti. Ma il pensiero che ha appreso a ragionare intorno al fine e al limite di ciò ch'è pertinente alla carne, e che ha soppresso il timore dell'eternità, ci rende possibile una vita perfetta, per cui non sentiamo più l'esigenza di un tempo infinito: esso non rifugge dal piacere ne, quando le circostanze ci portano al momento di uscire dalla vita, può dire di andarsene avendo tralasciato qualcosa di ciò che rende questa ottima.