La logica degli spazi risponde a due leggi ataviche, sviluppatesi insieme all’uomo in milioni di anni di evoluzione: il riflesso di avvicinamento, alle cose vitali o comunque piacevoli, e il riflesso di fuga da ciò che ci minaccia o ci fa paura, entrambi presenti fin dalla nascita.
«Istintivamente andiamo verso ciò che troviamo piacevole oppure portiamo l’oggetto del desiderio verso il nostro corpo», spiega Carlo Masi, specialista in psicologia del comportamento e della comunicazione. «Se invece siamo troppo vicini a qualcosa di minaccioso ce ne allontaniamo, oppure allontaniamo l’oggetto aggredendolo: fisicamente o verbalmente».
«Negli animali», continua Masi «sia che si scelga la via dell’attacco che quella della fuga, la reazione è immediata: brontolii, soffi, il pelo si arruffa, la schiena si inarca, i muscoli si irrigidiscono per spiccare il balzo.
Zona intima. Il suo raggio va da 0 a 45 centimetri. Corrisponde all’incirca alla lunghezza dell’avambraccio. E’ l'area privata degli affetti, nella quale gli altri hanno il permesso di entrare solo in circostanze particolari. In questa zona possiamo anche appoggiare le mani sulle spalle di un altro o intorno ai suoi fianchi. Tra amanti questo spazio si annulla, ma anche gli amici possono avvicinarsi molto, fino ad abbracciarsi. Per gli estranei è una zona pressoché vietata: il rischio è quello di causare fastidio o paura.
Basta pensare all’irritazione che si prova sul treno quando si condivide il bracciolo del sedile con uno sconosciuto. Nella zona intima è possibile sentire il respiro di chi ci sta di fronte, percepirne il calore e l’odore della pelle, cogliere le sue emozioni, controllare l’espressione del viso. «E’ la zona di sicurezza per eccellenza: troppo stretta perché al suo interno si possano compiere aggressioni a sorpresa», spiega Francesco Padrini, sociologo e psicoterapeuta, di Milano. «Volendo sferrare un pugno per esempio, bisogna indietreggiare».
Zona personale. Il suo raggio va da 45 centimetri a 1,30 metri. Oltre quest’area si esaurisce la nostra capacità immediata di influire sull’ambiente. Si estende infatti fino al punto in cui arriva il nostro braccio teso: se vogliamo andare oltre dobbiamo spostarci o prolungarlo con uno strumento. E’ la distanza che di solito poniamo durante una conversazione con una persona appena conosciuta. Il controllo su ciò che accade nella zona personale viene però applicato anche agli oggetti che rientrano in quest’area: la scrivania, il letto, la poltrona. «In particolare, quando si è in auto, lo spazio privato si estende a tutto l’abitacolo. Ecco perché ci si sente in un territorio sicuro, si diventa più affabili e intraprendenti con gli eventuali passeggeri. Non a caso i ragazzi spesso hanno il coraggio di dare il primo bacio proprio in macchina. Ma ecco spiegato il perché, quando un’altra vettura ci sfiora o ci taglia la strada, ci sentiamo immediatamente minacciati», spiega Marcello Perrotta, psicoterapeuta. di Firenze.
Zona sociale Il suo raggio va da 130 a 360 centimetri. In pratica e la somma di due aree personali: possiamo immaginarla come la distanza che intercorre tra due individui, posti frontalmente, con le braccia tese e le dita in contatto. In questa zona si svolgono soprattutto le relazioni professionali. La scrivania di un addetto alla reception di solito viene sistemata a non meno di 2 metri dalla sala d’attesa per evitare ai visitatori di entrare nella zona privata dell’impiegato e di disturbare il suo lavoro. D’altra parte inconsapevolmente ognuno regola la distanza sociale in funzione dello status. «Un ufficio open space, per esempio, offre numerose possibilità di gestire lo spazio in chiave gerarchica», dice Masi. «Di solito alI’impiegato di grado inferiore viene riservata una scrivania senza ripari, con tutti i lati liberi. Man mano che il grado sale si passa alla scrivania con paragambe e due lati protetti da finte pareti, poi alla sistemazione in una zona circoscritta da un box con pareti basse e senza porta. Soltanto ai dirigenti e riservato il box chiuso: nello spazio di “chi conta” può entrare solo chi ha il permesso».
Zona pubblica E’ l’enorme area posta al di la della zona sociale. Quindi, all’incirca, oltre un raggio di 3 metri e 60 centimetri. Corrisponde allo spazio che di solito si mette tra noi e un individuo o un gruppo che, a prima vista, non sembra avere caratteristiche sociali comuni con noi. Le famiglie che fanno un pic-nic nel parco, i bagnanti sulla spiaggia, i capannelli di amici nella piazza del paese sono tutti esempi di “distanza pubblica”. Quando il luogo è superaffollato e la distanza non può essere rispettata, si delimita il territorio con oggetti personali asciugamani, zainetti, borse, sedie. Si tratta di una regola non scritta ma, almeno nel mondo occidentale rispettata. Delimitare il territorio è un’esigenza irrinunciabile anche nel mondo animale e coincide con lo spazio necessario per cacciare, riprodursi, decidere se difendere o attaccare. Negli animali da laboratorio è stato verificato un legame stretto tra sovraffollamento e aggressività. Nei topi, tenuti in gabbie che venivano progressivamente riempite, si sono verificate modificazioni biochimiche: le ghiandole endocrine hanno iniziato a produrre una quantità superiore di ormoni dell’aggressività e gli animali sono diventati estremamente violenti, fino al cannibalismo. Per quanto riguarda l’uomo numerosi sociologi hanno più volte ipotizzato una relazione tra l’alta densità abitativa di un quartiere e il suo tasso di criminalità.
Il modo di collocarsi delle persone nello spazio cambia anche in base alla loro cultura.
Ecco come gli studiosi del comportamento descrivono il rapporto tra gli individui e lo spazio in alcuni Paesi con tradizioni diverse.
MEDITERRANEI. Anche se c’è spazio, preferiscono raccogliersi in gruppo. L’esempio più tipico è quello della fila: per un italiano o uno spagnolo è più congeniale affollarsi davanti allo sportello. Perché in fila l’attesa è anonima: non si possono guardare le persone in viso, se ci si allontana si perde il turno. Il gruppo invece coinvolge tutti: si può chiacchierare col vicino, osservare le persone. Ci si può anche allontanare per un attimo e rientrare nel gruppo, senza perdere il turno in modo definitivo.
ARABI. Nella mentalità araba, in un luogo pubblico nessuno ha più diritto di un altro di occupare un determinato spazio soltanto perché è arrivato prima. Viene dunque considerato normale il comportamento di chi si avvicina molto. Pubblico significa di tutti e quindi se una persona vuole prendere il posto di un altra in un punto, ha tutti i diritti di fare il possibile perché questa si sposti. Né il luogo né il corpo sono inviolabili. Si considera un intruso soltanto chi viola gli spazi di proprietà privata, come la casa e l’automobile.
INGLESI. In Gran Bretagna i comportamenti più riservati possono venire manifestati in uno spazio pubblico perché l’area privata e intima dell’individuo è assolutamente impenetrabile. Può perfino accadere, come è accaduto, che su un treno una coppia di fidanzati consumi un rapporto sessuale sotto gli occhi degli altri passeggeri senza che nessuno batta ciglio.
AMERICANI. Anche negli Usa le regole delle distanze vengono rispettate rigidamente. In particolare la zona pubblica. Al punto che la sola distanza basta a proteggere la privacy: non si ritiene necessario neppure recintare il giardino di casa.
GIAPPONESI. Confidare ad altri i propri sentimenti è considerato inopportuno, persino tra amici. Non altrettanto rigida è la riservatezza fisica. L’inchino riduce le distanze e il pudore delle emozioni non vieta di fare il bagno, nudi, anche con estranei.
Oltre che una dimensione fisica e biologica la distanza è una dimensione psicologica strettamente legata alla personalità. Si sa che gli introversi mantengono distanze maggiori rispetto agli estroversi: «C’è chi si allontana senza rispondere al passante che si avvicina per chiedere un’informazione», dice Carlo Masi. «Vuol dire che ha messo dei limiti di inviolabilità molto rigidi al suo spazio, che si sente continuamente minacciato, perché ha una personalità talmente fragile da vivere i rapporti con il mondo come una continua invasione. Al contrario c'è chi lascia avvicinare chiunque senza dire mai preventivamente “alt” e restringe il suo spazio vitale al nucleo fondamentale. Reagisce solo quando non ce la fa più».
Tutti noi abbiamo una zona che spontaneamente privilegiamo. Ci sono persone che riescono a comunicare soltanto nella zona intima o personale, per cui, riducono le distanze anche nelle relazioni di lavoro. c'è invece chi si sente al sicuro soltanto nella zona sociale ed evita di avvicinarsi troppo persino ai familiari. Anche se esiste una zona di elezione, le circostanze spesso ci costringono a spostarci da un’area all’altra. «Un dubbio, anche minimo, nei confronti del nostro interlocutore si traduce in una sorta di balletto, fatto di movimenti quasi impercettibili», aggiunge lo psicosociologo Padrini. «Si sposta il peso del corpo da una gamba all’altra, si fa scivolare il piede indietro o si ruota la punta verso l’esterno. Si comporta così chi vuole buttare fumo negli occhi: la migrazione continua da una zona all’altra infatti impedisce a chi ci sta di fronte di interpretare chiaramente i messaggi».
...interessante! i cinesi,se salgono su un mezzo pubblico,ti si siedono vicini anche se il treno è vuoto,per lasciare spazio dovessero salire un miliardo e trecento milioni di altri cinesi....io quando ho bisogno d'intimità prendo la metrò nell'ora di punta :))) lasciati.guardare giò
RispondiEliminaecco___ deve essere lo stesso motivo per cui____ chi ti assegna i posti al cinema___ ammucchia gli sparuti spettatori nonostante la sala vuota!__ :(___ buon week end, giò:))
RispondiEliminaanche al cinema se posso mi siedo lontano da tutti,odio sentire il vicino che cicca o sa di pop corn.una volta in treno a una con l'i-pod a tutto vollme e la cicca che schioccava in bocca le ho detto (eravamo gomito a gomito)..se non la smette le vomito addosso..era vero,ho una reazione fisica tremenda.può avere importanza il fatto che a sei mesi mi sono ammalata gravemente e stavo morendo per il latte di mia madre?mi hanno svezzato bruscamente e in stato di profondo malessere.ciao e grazie
RispondiEliminasalve! beh___ il termine non è molto comune___ credo che se ci si imbatte nel concetto di prossemica, lo si faccia per motivi di interessi connessi alla linguistica o al comportamentismo e se poi accade che ci si gironzoli a lungo o spesso intorno a una parola di solito è segno che in qualche modo ha a che fare con noi__ in questo caso diciamo "prossemicamente" __ a che fare___:)
RispondiEliminagrazie...buona giornata
RispondiEliminabeh__ sono qui da poco e mi fa piacere seguirti:) altrettanto a te !
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