momentaneamente: tarantolata

domenica 24 aprile 2011

tarantolata_mente

parlo turco forse?

quando dico che leggo tra le righe, capisco il tono ma non la musica, che credo solo in quel che sento oppure che tutto è relativo?

le cose un po' ci sono è un po' no, le devo legare? e con cosa? ma perché?

rifletto? e cosa? sono uno specchio?

aspetto? e chi? per farci cosa?

una goccia cade, per caso, nel mare e va. lo sa su che spiaggia arriva? e se evapora prima?

la penso come la penso e tu come la pensi?

come me? non credo!

e io la penso come te? e che ne so?

e se siamo vicini è per fare cosa?

ma vicini come?

come accostati sul tram?

allora distanti come i poli della terra!

giochiamo ancora?

dimmi di sì o vattene via.

poi torna quando vuoi ma non dire cose sensate che hai preparato per rabbonirmi.

mi annoiano, mi irritano, mi stancano.

"Nel momento del morso la tarantola inietta un fluido quasi impercettibile, il veleno, che uccide subito il paziente col suo contagio, ove non siano pronte musica e danza..."; questa frase del medico Giorgio Baclivi (1668-1707) tratto da un suo trattato sull'argomento dà un quadro puntuale del mito della tarantola. Nella Puglia del Seicento era, infatti, opinione diffusa che l'unica terapia per guarire dal morso della tarantola fosse una danza ripetitiva e progressivamente accelerata, che induceva a contorsioni e movimenti utili a liberare il corpo della vittima dal veleno.

4 commenti:

carolina24 aprile 2011 alle ore 19:47
"parlo turco" è una battuta che scappa spesso anche a me! bellissime le musiche.
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teti90024 aprile 2011 alle ore 20:02
CAROLINA
le musiche di questo genere musicale sono quasi tutte belle che ti scappa di tarantolare come una matta, ma i video è stata una mezza impresa trovarne di adeguati.
è un'arte che si sta smarrendo, quella delle danze popolari___ sono tutte belle ma questa è notevole per carica erotica e drammaticità.
comunque vedo se trovo altro sul tema usi, tradizioni e dialetti__ prima che vadano persi e dimenticati.
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Unknown26 aprile 2011 alle ore 00:35
Bellissimo questo post, anche io detesto essere presa in giro da falsi sorrisi, uff teti, la storia si ripete e non fa ridere per niente, sempre che non si tenti di sforzarsi a coglierne il comico...
Ciao.
(Stasera sono oltremodo intimista ti pare?)
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teti90026 aprile 2011 alle ore 08:32
ECATE_CASSANDRA
eh, quando ti morde la tarantola, non ti resta che ballare!
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silenziosamente

La società contemporanea teme il silenzio, sente la necessità di coprirlo, annullarlo, negarlo creando città rumorose, luoghi di ritrovo frastornanti, momenti di solitudine anch’essi fitti di suoni (il cellulare che squilla, la musica dell’iPod nelle orecchie...).

Forse perché spesso silenzio diventa sinonimo di solitudine, isolamento, vertigine di vuoto. Eppure una lunga tradizione, che affonda le sue radici in un tempo lontano, dice che è ricchezza e non mancanza, pienezza anziché vuoto, gioia piuttosto che tristezza, nascita invece di morte.

Oppure accidia (ovvero: indolenza, inerzia, negligenza, tedio, ansietà del cuore) una forma di torpore o, secondo la traduzione della parola greca da cui origina, uno stato di noncuranza (a=non e kedos=cura), una mancanza di affezione, un senso opprimente di vacuità accompagnato da una strana noia irrequieta e insoddisfatta che prende di mira in particolar modo le persone solitarie e le assale specialmente nelle ore del mezzogiorno… continua a leggere

Henry Miller su Anais Nin

Sei così pronta, così intelligente.
Ma non mi fido della tua intelligenza.
Tu crei uno schema meraviglioso, tutto è al suo posto, e sembra chiaro in un modo assolutamente convincente, troppo chiaro.
E intanto, dove sei tu?
Non sulla chiara superficie delle tue idee, no, tu ti sei già tuffata più a fondo, in regioni più oscure, così uno pensa che tu gli abbia dato tutti i tuoi pensieri, ma lo immagina soltanto che tu ti sia svuotata in quella chiarezza.
Invece ci sono strati e strati - sei senza fondo, insondabile.
La tua chiarezza è ingannevole.
Sei la pensatrice che suscita in me più dubbi, più confusione, più turbamento.

epicuro

La carne non ammette limiti nel piacere, e il tempo che serve a procurarle tale piacere è anch'esso senza limiti. Ma il pensiero che ha appreso a ragionare intorno al fine e al limite di ciò ch'è pertinente alla carne, e che ha soppresso il timore dell'eternità, ci rende possibile una vita perfetta, per cui non sentiamo più l'esigenza di un tempo infinito: esso non rifugge dal piacere ne, quando le circostanze ci portano al momento di uscire dalla vita, può dire di andarsene avendo tralasciato qualcosa di ciò che rende questa ottima.