Voglio raccontarvi tre storie della mia vita. Tutto qui, niente di eccezionale: solo tre storie.
La prima storia è su una cosa che io chiamo 'unire i puntini' di una vita.
Insomma, non è possibile 'unire i puntini' guardando avanti; si può unirli solo dopo, guardandoci all'indietro. Così, bisogna aver sempre fiducia che in qualche modo, nel futuro, i puntini si potranno unire. Bisogna credere in qualcosa: il nostro ombelico, il destino, la vita, il karma, qualsiasi cosa. Perché credere che alla fine i puntini si uniranno ci darà la fiducia necessaria per seguire il nostro cuore anche quando questo ci porterà lontano dalle strade più sicure e scontate, e farà la differenza nella nostra vita. Questo approccio non mi ha mai lasciato a piedi e, invece, ha sempre fatto la differenza nella mia vita.
La mia seconda storia è a proposito dell'amore e della perdita
Io sono stato fortunato: ho scoperto molto presto che cosa amo fare nella mia vita.
Nel 1985 - io avevo appena compiuto 30 anni e da pochi mesi avevamo realizzato la nostra migliore creazione, il Macintosh - sono stato licenziato.
Era stato un fallimento pubblico e io presi anche in considerazione l'ipotesi di scappare via dalla Silicon Valley.
Ma qualcosa lentamente cominciò a crescere in me: ancora amavo quello che avevo fatto. L'evolvere degli eventi con Apple non aveva cambiato di un bit questa cosa. Ero stato respinto, ma ero sempre innamorato. E per questo decisi di ricominciare da capo.
Non me ne accorsi allora, ma il fatto di essere stato licenziato da Apple era stata la miglior cosa che mi potesse succedere. La pesantezza del successo era stata rimpiazzata dalla leggerezza di essere di nuovo un debuttante, senza più certezze su niente. Mi liberò dagli impedimenti, consentendomi di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita.
Qualche volta la vita ti colpisce come un mattone in testa. Non bisogna perdere la fede, però. Sono convinto che l'unica cosa che mi ha trattenuto dal mollare tutto sia stato l'amore per quello che ho fatto. Bisogna trovare quel che amiamo. E questo vale sia per il nostro lavoro che per i nostri affetti. Il nostro lavoro riempirà una buona parte della nostra vita, e l'unico modo per essere realmente soddisfatti è di fare quello che riteniamo essere un buon lavoro. E l'unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che facciamo. Chi ancora non l'ha trovato, deve continuare a cercare. Non accontentarsi. Con tutto il cuore, sono sicuro che capirete quando lo troverete. E, come in tutte le grandi storie d'amore, diventerà sempre migliore mano a mano che gli anni passano. Perciò, bisogna continuare a cercare sino a che non lo si è trovato. Senza accontentarsi.
La terza storia è a proposito della morte.
Ricordarmi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose - tutte le aspettative di eternità, tutto l'orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire - semplicemente svaniscono di fronte all'idea della morte, lasciando solo quello che c'è di realmente importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa che abbiamo sempre qualcosa da perdere. Siamo già nudi. Non c'è ragione, quindi, per non seguire il nostro cuore.
Ricordarmi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose - tutte le aspettative di eternità, tutto l'orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire - semplicemente svaniscono di fronte all'idea della morte, lasciando solo quello che c'è di realmente importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa che abbiamo sempre qualcosa da perdere. Siamo già nudi. Non c'è ragione, quindi, per non seguire il nostro cuore.
ti confesso che conosco il personaggio solo di striscio. quando ho cominciato a trafficare per la prima volta al computer, ero nella fase "ne userò uno solo quando lo potrò insultare e lui mi sentirà". buffo, perchè in realtà la tecnologia mi ha sempre affascinato. credo che il problema a quei tempi fosse che il computer era come il telefonino ora: uno status symbol, che se non ce l'avevi eri non solo uno sfigato, ma addirittura uno che non avrebbe mai fatto strada nella vita perchè avrebbe perso innumerevoli buone offerte di lavoro. difatti il mio primo computer in realtà non era mio, ma di quello che sarebbe diventato mio marito. i suoi lo acquistarono perchè imparasse a usarlo in vista del lavoro. per lui fu odio a prima vista, per me amore. mentre lui faceva il servizio militare, io andavo a casa dei suoi per usare il suo computer e in seguito, quando ci sposammo, fui io che ci passavo davanti tutto il tempo. però, non abbiamo mai avuto un Apple. a parte ciò, devo dire che ho apprezzato queste tre storie. credo che la tenacia e la perseveranza che traspariscono dalla seconda siano ammirevoli, ed è di certo piena di saggezza la terza. alla fine mi sono convinta che ciò che distingue i grandi personaggi dai meschini ratti come me sono proprio la tenacia e la perseveranza.
RispondiEliminabeh, pur odiando riprendere le tre ultime righe di un commento o di un post, dato che le precedenti riguardano comunque qualcosa di inopinabile in quanto racconto biografico, direi che in realtà mica ti difetta nè la tenacia, nè la perseveranza!
RispondiEliminaè che sono investite diversamente.
Mi intimorite. Voi due, intendo.Ma vi ammiro e stimo già. Di Steve Jobs non ho nulla da aggiungere: la sua filosofia ne fa un uomo completo. Grande.
RispondiEliminaSER
RispondiEliminabuona sera, ma GUCHI a quanto ho visto la conosci da prima di passare qui!
beh, grazie della visita:))
buon viaggio con nipote!
Mi piace, ben scritto. E' la tecnologia come vorei fosse sempre, piena di noi e del nostro essere umani. Funziona meglio e non ci uccide.
RispondiEliminaLUNARIU
RispondiEliminagià!