Farsi prendere dai sentimenti, esserne preda.
Ma qual è il sentimento della preda?
La preda sono io.
Lo siamo tutti.
Siamo prede dell'estinzione creata dall'umanità.
Ho sentito una storiella in cui si paragona metaforicamente la durata della Terra a quella di un anno di dodici mesi.
Secondo questa ricostruzione ipotetica l'uomo ha fatto la sua comparsa sul pianeta alle 10,30 del mattino del 31 dicembre e il Messia circa 14 secondi prima della mezzanotte.
Bene, mi sembra che si possa ben dire che a volte basta un attimo per perdere tutto, basta osservare come in pochissimi millesimi di secondo, l'essere umano abbia avviato un processo di estinzione di tutto ciò che la natura ha inventato da marzo a dicembre per costruire quello che abbiamo intorno.
Gli stessi dinosauri hanno impiegato tutto il periodo pre natalizio per estinguersi, e noi?
Un nano secondo!
Meglio portarsi avanti allora, metti che passiamo il 31 dicembre?
A questo ritmo c'è da chiedersi come sarà il pianeta e quali le condizioni di vita il prossimo 1 gennaio!
Dalle suore di clausura alle speleologhe, all’alpinismo, alla navigazione in solitaria sono tanti gli esempi di esperimenti e i primati di ogni tipo.
Ma è davvero solitudine vera?
Chi crede è in compagnia della fede, chi si cimenta ha uno staff e tutto un apparato che controlla, vigila, interviene e soprattutto paga i costi della spedizione e quelli dell’eventuale recupero.
Chi invece tenta in totale solitudine se torna è considerato un folle, altrimenti un semplice disperso, compianto, forse, solamente dai parenti.
Ciascuno, a buon credere, è autorizzato a considerare la propria esistenza un’avventura estrema, ma a cosa ci stiamo o ci dovremmo preparare oggi?
Qual è l’avventura davvero più estrema che potremmo e dovremo presto affrontare?
(basti pensare alla Scozia, tanto per citare l’ultimo episodio devastante tra quelli capitati di recente)
Provate a pensare di passare tre giorni facendo a meno di tutto, facile no?
Tre giorni sono pochi è facile immaginare di far a meno delle comodità.
Falso.
Intanto è cosa impossibile.
Se fa freddo, sfido chiunque a spegnere il riscaldamento o fare a meno dell’acqua calda.
Poi il cibo. Anche supponendo di fare ricorso solo a cibi crudi, così da evitare l’uso del gas da cucina o di fare del divano un falò, dove procurarsi frutta e verdura a meno di usare quella acquistata?
E dunque occorrerebbe pensare di trovarsi nel post apocalisse, sedersi e aspettare di morire o partire per chilometri in cerca della campagna e allora qualche melograno, diversi cachi, forse delle mele ed erbette spontanee potrebbero trovarsi.
Ma olio, sale e gli altri condimenti così come caffè, alcolici e sigarette bisogna blindarli e buttare la chiave della dispensa e del frigorifero.
E ancora non basta perché comunque saremmo in una casa bel protetti e con una serie di arredi di cui è impossibile evitare l’utilizzo, anche si volesse essere rigorosi e fare ameno delle sedie o del letto, ci sarebbe pur sempre un pavimento a frapporsi tra noi e il nulla in cui ci ritroveremmo se davvero volessimo rendere al vero l’esperimento.
Comunque, accontentiamoci di passare tre giorni nel modo descritto e dettagliato e già sorge nell’animo una differenza per difetto del senso di onnipotenza iniziale.
Prima cosa il tempo si dilata e i minuti passano lenti come ore tra incertezze e tentazioni, la prima: “lasciar perdere” poi considerare una depravazione questa avventura, un’inutile esercizio, una tortura autoimposta.
Se invece si insiste, e con un po’ di anni di allenamento si riesce a superare il primo livello di resistenza, sopraggiunge l’inquietudine, lo stress, l’ansia e su tutte la paura o meglio il panico.
Capire da dove e perché serve a poco ed è quasi impossibile da accertare, ma succede.
E’ lo stadio in cui occorre di nuovo far ricorso alla propria cocciutaggine. Fermarsi, lasciar andare, dormire, evitare di resistere, anzi rallegrarsi che la parte solitaria e silenziosa abbia finalmente il suo habitat per realizzarsi, dato che un po’ bisogna esserci portati per avventure di questa natura.
Per ora mi fermo qui.
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BIMBOVERDE
RispondiEliminaforse gli asceti eremitici, ci sto lavorando, anzi diciamo che sono a buon punto, sai che io vivo come fosse sempre domenica;)
mah, siamo pur sempre in compagnia di noi stessi; se c'è armonia, è più che sufficiente. la nostra mente contiene così tanto che dovremmo spegnerla per essere completamente soli, e allora che cosa distinguerebbe quella solitudine dalla morte, che è nulla? altro argomento è quello dell' "apocalisse". sinceramente preferisco vivere incoscientemente, nel senso di godermi ciò che c'è finchè ce nè e senza pensare che da un giornoa all'altro potrebbe non esserci più. farlo mi impedirebbe di godere di ciò che ho adesso; meglio star male quando ce n'è sul serio motivo. del resto sai anche che se dico questo è solo perchè in questo periodo sto meglio.
RispondiEliminaGUCHI
RispondiEliminacondivido assolutamente con l'evitare di andarsele a cercare che tanto arrivano da sole.
dissento invece sulla somiglianza della morte alla solitudine.
credo che a un certo punto sia possibile entrare in una zona vuota che però è estremamente vitale.
almeno questo secondo la mia esperienza.
a differenza di un anno fa quando arrivata a quel punto stavo male perchè mi mancavano le forze anche mentali, quando tento questi esperimenti adesso apprezzo la piacevolezza di uno stato di indifferenza rispetto ai problemi connessi a una condizione di solitudine di fatto.
anche il lamentarmene è assente.
le ragioni ci sarebbero per farlo, ma sapere che graverebbe sul prossimo se rivelato e su me stessa se messo qui o in un altro sfogatoio riservato solo a me stessa, mi pone di fatto in uno stato di ulteriore ricerca dei vantaggi che una pur "trista" condizione mi fornisce da vivere e quindi come vedi è distante dalla morte effettiva anche se molto prossima a quel concetto a cui siamo abituati, ci è comune ma che è o può essere appunto una sovrastruttura culturale invece di un labirintico habitat mentale naturale.
vedremo.