a vedere le fiorenti e colorate bancarelle dei verdurai di città tutto sembra tranne che l'agricoltura viva da tempo la crisi data dalle politiche e dal clima.
e chi si prende cura del suo piccolo fazzoletto di terra resta ancor più sbalordito confrontando le cassette ripiene di ogni ben di dio con i frutti che stentano a maturare sul suo albero e le piantine di pomodori e melanzane intirizzite dal freddo e sferzate dalla grandine di questo maggio in cui anche le rose se ne restano lì sul punto di sbocciare e le fragole di bosco hanno il gusto della neve sciolta.
il tempo di mietere le messi segue a quello della semina e della coltivazione ma il ciclo è ogni anno più anomalo e l'orto più impoverito.
prolificano le chiocciole che non ho il cuore di assassinare neanche per vendetta, sebbene meriterebbero una punizione per la foga con cui scelgono le tenere foglioline che ardiscono spuntare approfittando di qualche giornata intiepidita dal sole, e mi piacciono anche, solo che quando le vedo perdo il coraggio di raccoglierle, torturarle per con una settimana di digiuno e poi buttarle in pentola ancora vive.
e così resta solo di far finta di mietere 'qualcosa' quando scendo nell'orto e l'unica ricchezza che trovo è l'erba sempre più alta.
rassegnata la taglio, la raccolgo, ne faccio concime da distribuire sul terreno appena sarà decomposta, confidando sulla prossima stagione, anno dopo anno.
per ora l'unico risultato ottenuto è la crescita di popolazione di lombrichi e di vermi e la riduzione, ma ancora manca la completa distruzione, di malattie e parassiti.
in questo quadro chi sceglierebbe mai di ripopolare le aree extraurbane per scopi agricoli, altro che un povero e molto volenteroso illuso e tenace utopista?
peccato perché se al posto degli spot per l'ennesimo modello tecnologico o automobilistico se ne facessero per la valorizzazione del territorio ci sarebbero molti più giardini (e posti di lavoro) come quelli che invece troviamo al mercato o per le vie ricche di prodotti perfetti e selezionati frutto di scarti enormi che vengono dispersi impoverendo i contadini e affamando chi dalla seconda scelta potrebbe ricavare l'indispensabile per sopravvivere.
sembra così un po' per tutto, la seconda scelta è un opzione in via di estinzione, neanche da prendere in considerazione, da condannare o classificare come scarto della società come ci insegna la 'ministra' e così da povera mietitrice mi faccio trista.
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