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(...) vecchia (e stanca) bio contadina part time,
considero il blog una finestra come le altre che ho in casa e,
per chi guarda da fuori, una stanza al pari di un'altra.
bella o brutta che sia,
mi soddisfa e tanto mi basta.

domenica 7 febbraio 2021

ottantaquattro giorni

tanti i giorni della cura definitiva per l'hcv (epatite c).
tre scatole da ventotto compresse ciascuna all'incredibile prezzo che si vede qui sotto.

praticamente mille euro a pastiglia.

fortunatamente negli anni il costo è stato abbattuto e il ciclo di terapia di dodici settimane è, oggi, pari a circa seimila euro totali.

e così dopo trentotto anni di patimenti si chiude un altro cerchio, dopo quello concluso a luglio con l'intervento di definitiva archiviazione del capitolo legato al tumore del 1993.

più di mezza vita condizionata dalla preoccupazione per gli esiti infausti delle patologie e i loro effetti che via via hanno limitato enormemente e poi compromesso del tutto l'attività professionale, sociale e di relazione fino a rendere l'esistenza una mera sopravvivenza vuotata di tutto e quindi inutile oltre che dolorosa a causa dei danni all'organismo accumulati nel tempo e che l'anno scorso hanno toccato l'apice.

il giorno prima del prossimo compleanno l'ultima compressa, ma fin da subito mi sono accorta che la cura funzionava.

meno dolori, meno stanchezza, un colore diverso, macchie della pelle attenuate,  migliore digestione, più tono e ottimismo anche dovuto al sollievo psicologico di aver scongiurato le probabili conseguenze da cirrosi o tumore.

secondo alcuni, me compresa, il nobel avrebbero dovuto darlo anche a chi ha confezionato il farmaco (oltre a chi aveva a suo tempo individuato il virus) per una patologia in cima alla lista delle principali cause dei decessi nel mondo e che l'Oms, grazie a questo farmaco, intende debellare dal pianeta entro il 2030.

dunque un 2020 che, personalmente, si chiude con bilancio più che positivo e un grazie infinito per la sanità pubblica italiana.

come rinascere a sessantaquattro anni  è stato il primo pensiero e la prima delusione.

in realtà le tracce rimaste sono ancora pesanti e mi dicono di avere pazienza dimenticando che ne ho avuta sempre e anche troppa.

ai medici basta l'esito dell'analisi del sangue a me non solo.

sto testando le reazioni e nonostante il miglioramento sono molto lontana da una normalità almeno simile a quella vissuta dalle coetanee.

ho subito pensato all'alibi che le patologie croniche ti forniscono e che spesso fanno da impedimento ai  progressi nella remissione della malattia ma sarei un'ipocrita se imputassi le difficoltà a quell'unico aspetto e in ogni modo intendo continuare a impegnarmi per migliorare ogni aspetto ancora critico con spirito, intelligenza, la furbizia di stanare eventuali sabotatori interni e intanto mi godo una prospettiva più rosea di quella precedente.

nelle librerie si trovano spesso libri di persone che hanno scoperto di essere affette da patologie croniche e mali incurabili, meno numerosi quelli di chi ha potuto raccontare una guarigione stupefacente e io credo ci sarebbe molto da raccontare anche di quel dopo che mi sto approntando a vivere, un misto di rinascita e ricostruzione di una me che sta tornando a una me di prima e un'altra me che neanche ricorda più come fosse fatta dopo trentotto anni di giravolte e adattamenti al ribasso, sconfitte quotidiane e isolamento forzato.

un po' quello che sta succedendo al mondo (con l'aggiunta di dolori fisici e malfunzionamenti organici) e succederà il giorno che questa pandemia verrà fermata.

cosa faremo dopo?

ci ricorderemo ancora come si faceva?

cosa saremo diventati?

saremo capaci di ricostruirci?

e come?


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