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(...) vecchia (e stanca) bio contadina part time,
considero il blog una finestra come le altre che ho in casa e,
per chi guarda da fuori, una stanza al pari di un'altra.
bella o brutta che sia,
mi soddisfa e tanto mi basta.

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domenica 27 novembre 2011

Ombrosa non c'è più

Guardando il cielo sgombro, mi domando se davvero è esistita. Quel frastaglio di rami e foglie, biforcazioni, lobi, spiumii, minuto e senza fine e il cielo solo a sprazzi irregolari e ritagli, forse c'era solo perchè ci passasse mio fratello col suo leggero passo di codibugnolo, era un ricamo fatto sul nulla che assomiglia a questo filo d'inchiostro, come l'ho lasciato correre per pagine e pagine, zeppo di cancellature, di rimandi, di sgorbi nervosi, di macchie, di lacune, che a momenti si sgrana in grossi acini chiari, a momenti si infittisce in segni minuscoli come semi puntiformi, ora si ritorce su se stesso, ora si biforca, ora collega grumi di frasi con contorni di foglie o di nuvole, e poi s'intoppa, e poi ripiglia a attorcigliarsi, e corre e corre e si dipana e avvolge un ultimo grappolo insensato di parole idee sogni ed è finito.

Ero rimasta nel post prima a dire di Cosimo in cerca di amore, ma c'è poco da riassumere perché l'unico amore è stato per Viola che conobbe bambina e ritrovò per pochi istanti da adulta ancora capricciosa e inquieta com'era nata. E lui che diversamente ma altrettanto testardamente  era geloso e orgoglioso, pur capendone in cuor suo le bizzarre manie fu capace solo di farla volar via, incapaci entrambi di tener fede al loro sentire nel manifestarlo con gli opposti che spesso regolano gli amori più grandi che infine sopravvivono appunto nell'assenza del reale e del vero. Sentimenti che sanno sospendersi così che non vi sia spazio per la tristezza di un dopo che di fatto non esiste.


Poche pagine per esprimere questo concetto, tutto il resto della vicenda è il racconto della vita di un uomo che sorvola la vita, senza mai provare i lividi per le rovinose cadute a cui siamo tutti sottoposti nella nostra esistenza. E finisce pazzo pur di non cedere un'unghia di quell'orgogliosa promessa fatta all'inizio di quell'avventura durata fino a oltre i sessant'anni.
Una lucida pazzia che porta soluzioni brillanti alle beghe locali così come ai fatti storici di quel tempo (fine '700), bizzarie che il fratello temeva appunto fossero altro: avevo l'impressione in quel tempo che mio fratello non solo fosse del tutto ammattito, ma andasse anche un poco rimbecillendosi, cosa questa più grave e dolorosa, perchè la pazzia è una forza della natura, nel male o nel bene, mentre la minchioneria è una debolezza della natura, senza contropartita.


Il Monitore dei Bipedi e Il Vertebrato Ragionevole sono i titoli dei due libri che scrisse Cosimo, ne parlo come fosse reale, invece del protagonista del libro, ma è davvero così che l'ho sentito leggendo di questo personaggio della fantasia dell'immenso Italo, la sua idea, di Cosimo,  era quella di una società universale e più era deciso a star rintanato tra i suoi rami, più sentiva il bisogno di creare nuovi rapporti col genere  umano tanto da diventare capo rivolta, benchè i contadini forse intendessero solo i vantaggi dell'opporsi al pagamento della gabella, invece di alti propositi e scopi.

Sorvolando a maggiore altezza la vita, riusciva a trovarsi nella vantaggiosa posizione di chi riesce a interpretare prima degli altri il succedersi dei fatti e cambiare il destino. Sempre lucido, dicevo, anche in quella che gli altri trovavano folle accanimento. Impermeabile alle vicende per cui i più si struggono o ricadono dopo una sbronza, come le vite di chi accede ai facili entusiasmi e poi, passata appunto l'ubriacatura momentanea, torna ad essere assalito dalla tristezza e pochezza della propria tenzone.
Cosimo - implora il fratello - hai sessantacinque anni passati, come poi continuare a star lì in cima? Ormai quello che volevi dire l'hai detto, abbiamo capito, è stata una gran forza d'animo la tua, ce l'hai fatta, ora puoi scendere. Anche per chi ha passato tutta la vita in mare c'è un'età in cui si sbarca.

Macchè. Fece di no con la mano, non parlava quasi più.

Quand'ecco la mongolfiera fu presa da una girata  di libeccio; l'agonizzante Cosimo, nel momento in cui la fune dell'ancora gli passò vicino, spiccò un balzo di quelli che gli erano consueti nella sua gioventù, s'aggrappò alla corda, coi piedi sull'ancora e il corpo raggomitolato, e così lo vedemmo volar via, trascinato nel vento, frenando appena la corsa del pallone, e sparire verso il mare...

Ora che lui non c'è, mi pare che dovrei pensare a tante cose, la filosofia, la politica, la storia, seguo le gazzette, leggo i libri, mi ci rompo la testa, ma le cose che voleva dire lui non sono lì, è altro che lui intendeva, qualcosa che abbracciasse tutto, e non poteva dirla con parole ma solo vivendo come visse. 

Solo essendo così spietatamente se stesso 
come fu fino alla morte, 
poteva dare qualcosa a tutti gli uomini.


Grande, grande, immensamente grande Calvino!


prima parte CLICK

sabato 26 novembre 2011

ci arrampicavamo sugli alberi, ma chi ci pensava allora?



Che a causa di uno screzio famigliare il giovane rampollo dodicenne del barone Arminio Piovasco di Rondò avrebbe passato l'intera esistenza passeggiando sugli alberi, senza mai toccare nè terra nè mare, conducendo una vita del tutto simile a quella di un qualunque essere umano?


La luna si levò tardi e risplendeva sopra ai rami, nei nidi dormivano le cince, rannicchiate come lui. Nella notte, all'aperto, il silenzio del parco attraversavano cento fruscii e rumori lontani, e trascorreva il vento. A tratti giungeva un remoto mugghio: il mare.
Il fratello di Cosimo tendeva l'orecchio a questo frastagliato respiro e cercava di immaginarlo del tutto affidato a se stesso, con solo la notte intorno a sè; unico oggetto amico cui tenersi abbracciato un tronco d'albero dalla scorza ruvida, percorso da minute gallerie senza fine in cui dormivano le larve. Indovinava la sua ombra rannicchiata in un incavo dell'elce, tra ramo e tronco, avvolta nella coperta legata a più giri con la corda per non cadere.


Non per passione o stravaganza, quanto per tener fede alla promessa fatta per ripicca che finisce col fargli prendere gusto per quella condizione che nel tempo fu considerata normale anche dai compaesani e che lo portò dopo anni e anni di avventure e incontri e anche di impegno nei confronti degli accadimenti e delle vicende locali a considerare che l'unico aspetto trascurato fosse stato quello di trovare moglie o avventure amorose.

Ottimo Massimo, un bassotto sperduto per compagno di caccia e appunto il fratello i più fedeli compagni di vita, con il resto della gente, compreso i famigliari, una vicinanza e una presenza sempre sfuggente, spesso avvertita, mai colta appieno, celata dalle fronde e dalle ombre dei suoi veloci passaggi da una cima all'altra su e giù per il paese e fino a dove l'estendersi della foresta gli permetteva di arrivare.




Gian dei Brughi, un brigante letterato che finì impiccato per via che la passione per i libri lo rammollì e sbagliò l'ultimo colpo, gli valse da pretesto per riprendere gli studi e imparare le tecniche di potatura che gli furono utili a procurarsi di che vivere rendendolo del tutto indipendente e capace di non gravare sui genitori sempre più rassegnati alla stravaganza del figlio e al tempo stesso gli consentirono di adattare la forma e lo sviluppo degli alberi alle future esigenze, alle ridotte abilità di arrampicata a cui lo avrebbe certamente condotto l'avanzare degli anni.


Alla morte del padre assunse le redini del baronato, ma il tormento per non riuscire a scorgere in nessuna delle fanciulle che poteva osservare dall'alto, quella giusta perché in tutte c'era qualcosa che lui cercava e che non era interamente in nessuna, lo indusse a partire e raggiungere Olivabassa di cui aveva sentito dire che fosse un paese dove, come lui, gli abitanti vivessero appunto sugli alberi.

E' veramente difficile parlare dell'immenso Calvino e di come i suoi racconti trasportino anche i più visionari oltre ogni confine e al tempo stesso al centro delle sensazioni più indecifrabili che lui riesce a rendere concrete portando il lettore a esclamare divertito e stravagante stupore.
Ogni periodo diventa aforisma in cui racchiude l'incipit del romanzo e il suo svolgimento rendendo chiarissima la sua visione totalmente astratta, riuscendo a coinvolgere nel gesto del dipingerla più che nell'estasiata ammirazione dell'opera incorniciata alla parete.


Medardo e le sue due metà, quella che gli fa dire all'amata Pamela: Ogni incontro di due esseri al mondo è uno sbranarsi. Vieni con me, io ho la conoscenza di questo male e sarai più sicura che con chiunque altro; perché io faccio del male come tutti lo fanno; ma, a differenza degli altri, io ho la mano sicura. E quell'altra che per ammansirla gli dice: Questo è il bene di esser dimezzato: il capire d'ogni persona e cosa al mondo la pena che ognuno e ognuna ha per la propria incompletezza. Io ero intero e non capivo, e mi muovevo sordo e incomunicabile tra i dolori e le ferite seminati dovunque, là dove meno da intero uno osa credere. Non io solo, Pamela, sono un essere spaccato e divelto, ma pure tu e tutti. Ecco ora io ho una fraternità che prima da intero, non conoscevo: quella con tutte le mutilazioni e le mancanze del mondo.



Difficile sì raccontare l'immenso Calvino, ha ragione Suor Teodora, alias Bradamante, quando narra del cavaliere inesistente e scrive: per raccontare come vorrei, bisognerebbe che questa pagina bianca diventasse irta di rupi rossicce, si sfaldasse in una sabbietta spessa, ciottolosa, e vi crescesse un'ispida vegetazione di ginepri. In mezzo, dove serpeggia un malsegnato sentiero, farei passare Agilulfo, eretto in sella, a lancia in resta. Ma oltre che contrada rupestre questa pagina dovrebb'essere nello stesso tempo cupola del cielo appiattita qua sopra, tanto bassa che in mezzo ci sia posto soltanto per un volo gracchiante di corvi. Con la penna dovrei riuscire a incidere il foglio, ma con leggerezza, perchè il prato dovrebbe figurare percorso dallo strisciare d'una biscia invisibile nell'erba, e la brughiera attraversata da una lepre che ora esce al chiaro, si ferma, annusa intorno nei corti mustacchi, è già scomparsa. 

la pagina ha il suo bene solo quando la volti 
e c'è la vita dietro che spinge 
e scompiglia tutti i fogli del libro.